Sottomette e picchia la moglie, carabiniere condannato a 3 anni

Violenza
di Maria Letizia Riganelli
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Martedì 16 Gennaio 2024, 05:20

Soggiogata e sottomessa dal marito. Insultata e perfino picchiata. Si è chiuso con una condanna a 3 anni di carcere il processo per maltrattamenti in famiglia per cui era imputato un carabiniere della provincia di Viterbo. L’uomo, difeso dall’avvocato Enrico Valentini, è stato trascinato a giudizio dall’ex moglie e madre dei suoi due figli che durante la pandemia ha deciso di mettere fine all’incubo che stava vivendo.

La vittima, parte civile nel processo assistita dall’avvocato Valeria Cardarelli, ha scelto di allontanarsi dopo una serie di comportamenti messi in atto dal marito. Comportamenti violenti e spesso al limite della violenza. A farne le spese non solo lei ma anche i figli adolescenti. Gli stessi che durante l’incidente probatorio hanno detto al giudice: «Togliete la patria potestà a mio padre».

Secondo quanto ricostruito la moglie doveva rendere conto al marito di tutto ciò che faceva o non faceva in casa. Se sbagliava a fare una lavatrice erano percosse. Una volta che il figlio si è sporcato, le ha dato un ceffone, facendole sbattere la testa contro quella del bambino. Una volta l’ha scagliata sul divano, prendendola per il collo. La travagliata vicenda è stata sviscerata in 12 udienze in cui numerosi testimoni hanno raccontato la dinamica della coppia e il comportamento dell’uomo, che sarebbe peggiorato quando la donna ha deciso di rendersi indipendente economicamente andando a lavorare come cameriera in un ristorante. «Arrivava a chiamare anche 20 volte per sera - ha spiegato l’avvocato Cardarelli durante la discussione -, telefonando anche a colleghi e allo stesso ristorante».

Era geloso e non avrebbe sopportato di aver perso il controllo sulla moglie.

Gli episodi di perdita del controllo sarebbero stati molti, tutti raccontati e poi puntualmente smentiti dai testimoni della difesa. Come l’episodio del dente rotto. Il figlio minore della vittima avrebbe detto che durante una discussione col padre avrebbe ricevuto un ceffone finendo contro un muro. In quell’occasione gli si sarebbe spezzato un dente da letta. «Un episodio che non ha prove - ha affermato l’avvocato Enrico Valentini in aula - visto che non ci sono accessi al pronto soccorso».

Le contestazioni, avvenute da ognuna delle due parti in causa, si sono susseguite per tutte le udienze, come segno dei rapporti tesissimi tra vittima e imputato e tra vittima e famiglia del carabiniere. Ieri però il collegio ha chiuso la vicenda, condannando il militare a 3 anni e al pagamento delle spese per l’ex moglie. La Procura aveva chiesto due anni di reclusione. «Le sentenze si impugnano - ha concluso l’avvocato Valentini - e noi lo faremo. Siamo rimasti esterrefatti dalla lettura data dal collegio alla vicenda, soprattutto perché non hanno assistito a tutto il processo dal principio».

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