Patric: «La Lazio è la mia squadra del cuore. Ho battuto la depressione, ora sono in un bel momento»

Il difensore della Lazio si è concesso in una lunga intervista: ecco le sue parole

Patric: «La Lazio è la mia squadra del cuore. Ho battuto la depressione, ora sono in un bel momento»
di Valerio Marcangeli
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Mercoledì 8 Maggio 2024, 13:20

Passano gli allenatori, ma Patric resta un punto fermo della Lazio e in molti non ci avrebbero scommesso, probabilmente nemmeno il centrale stesso: «Se qualche anno fa mi avessero detto che avrei raggiunto le 200 presenze con questa maglia, oltre che questo status, ci avrei comunque creduto. Quand'ero arrivato ero un bambino - rivela il calciatore a Lazio Style - sia nel calcio che nella vita. Quando sono arrivato conoscevo la Lazio perché è una società storica, in più credevo che in Italia avrei imparato tanto prima del mio arrivo. Ovviamente, non immaginavo di poter rimanere per così tanti anni. Il mio unico pensiero era solamente giocare a calcio, la mentalità italiana piano piano mi è entrata dentro e mi ha aiutato ad arrivare dove sono adesso».

Lazio, le parole di Patric

Eppure per lo spagnolo non c'è una partita perfetta: «Non c'è n'è una. Io vivo tutto al massimo. Per l'importanza, ovviamente, giocare la Champions ha un sapore speciale. Vincere contro il Bayern Monaco all'Olimpico è stato incredibile, ha un posto speciale nel mio cuore». Poi torna agli albori e alla famiglia: «Solamente io credevo di arrivare a certi livelli, per diversi mesi ho lavorato nell'ombra senza che nessuno lo sapesse. La mia prima esperienza lontana da casa è stata al Villarreal. Mio padre non è un grande amante del calcio, così come mia madre, ma devo ringraziarli perché mi hanno ascoltato e mi hanno permesso di andare lì. Siamo molto legati». Sul debutto col Barcellona: «Sapevo che potevo scendere in campo perché Dani Alves era infortunato e non c'erano terzini. Con me Messi si è sempre comportato benissimo, così come Mascherano. Il mio agente è molto legato a loro quindi questo mi ha aiutato anche agli inizi. Credo che Mbappé, Haaland e Bellingham siano il futuro». 

Patric: «A volte stacco la spina dal calcio»

Sulla scelta del nome e del numero: «Patricio era mio nonno, ma mi sembrava un nome troppo da adulto. A scuola hanno iniziato a chiamarmi Patric e questo è sempre rimasto fino a metterlo dietro alla mia maglia. Il numero 4? Mi è sempre piaciuto, anche per i miei idoli Sergio Ramos e Dani Alves. Non sono comunque uno che guarda sempre il calcio. Se c'è una partita bella sicuramente la guardo, ma ogni tanto è giusto anche staccare la spina». Sulle caratteristiche e i ruoli svolti: «Non sono tanto alto, ho altri pregi. Infatti prediligo portare palla al piede e difendere in altri modi piuttosto che usare la fisicità. Io sono felice e orgoglioso del mio percorso. Ora ho trovato la mia posizione in campo, quando ero più piccolo mi ha aiutato fare il terzino perché mi ha dato la possibilità di giocare con le giovanili del Barcellona. Poi ho fatto il quinto con Inzaghi, un ruolo che non si adattava alle mie caratteristiche, ma ero piccolo e non avevo la forza di dire che non mi piaceva».

«Ora è un bel momento, ma per certi periodi non riuscivo ad alzarmi dal letto»

A Formello Patric ha passato anche momenti complicati: «In un periodo non ero in grado di giocare, ma non volevo deludere nessuno. C'erano tanti infortunati, non potevo tirarmi indietro. Anche questo, però, mi ha aiutato tanto. Soffrire in quel momento, in quel modo, mi ha permesso di crescere e diventare come sono adesso. Qualcuno sapeva della mia situazione, ma non troppo. A volte mi venivano anche attacchi di panico in aereo durante i viaggi, ma non volevo condividere troppo. Ho sbagliato a non chiedere aiuto prima, ma è una cosa che ho realizzato dopo. Io non avevo voglia di fare niente in quel periodo, anche solamente alzarmi dal letto era difficile.

Anche il Covid mi ha buttato giù, ero da solo e non sapevo gestire la situazione. Vedere i telegiornali, vedere la gente stare male era veramente difficile per me. Ora fuori dal campo per me è un bel momento, sono una persona matura e riesco a gestire le emozioni sia positive che negative».

Infine sulla Lazio: «È la mia squadra del cuore. Nell'anno del Covid potevamo vincere lo scudetto»

Sulla Lazio: «Anche nei momenti difficili, sentivo qualcosa di particolare per questa squadra. Quest'ambiente è come una famiglia, poi in certi momenti ti emozioni da solo, vuol dire che c'è qualcosa di veramente speciale: è la mia squadra del cuore». Infine sul rammarico della stagione interrotta dal Covid: «Ce la saremmo giocata fino alla fine. Contro il Bologna avevo quella sensazione lì, l'ultima partita prima della chiusura degli stadi. Anche quello ha influito nella mia situazione mentale, era il mio momento migliore, così come della squadra e poi siamo rimasti chiusi per mesi. La partita contro il Cagliari, con il gol di Caicedo, è sicuramente la partita più pazza della mia carriera».

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