Mes, l’Ue torna alla carica: «L’Italia ratifichi la riforma»

All’Eurogruppo nuovo pressing su Roma per approvare le regole sul fondo Salva-Stati

Mes, l’Ue torna alla carica: «L’Italia ratifichi la riforma»
di Gabriele Rosana
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Martedì 14 Maggio 2024, 06:30

Avanti sul mercato unico dei capitali Ue e un nuovo richiamo all’Italia perché ratifichi la riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Alla riunione dell'Eurogruppo che, ieri, si è occupata di sistema bancario, si è riproposta con forza la questione del trattato di modifica del Mes che la Camera aveva respinto poco prima di Natale.

L’Italia è l’ultimo Paese a mancare all’appello perché le nuove regole possano entrare in vigore, compreso il “backstop”, cioè il paracadute finanziario, la cui assenza è considerata dalla responsabile della vigilanza bancaria della Bce Claudia Buch «una lacuna» che impedisce la creazione di un «quadro europeo per la liquidità nella risoluzione» degli istituti di credito.

«Abbiamo enfatizzato l’importanza della ratifica», ha precisato senza giri di parole il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe, tornando sul tema dopo mesi di tregua in cui di Mes tra Bruxelles e Lussemburgo si parlava, a microfoni e taccuini aperti, solo in risposta alle domande dei cronisti italiani. Il direttore esecutivo dell’ex fondo salva-Stati Pierre Gramegna ha ricordato che «rispettare l’impegno» preso con la firma del trattato è «una questione di credibilità».

LA TRATTATIVA
Dopo la bocciatura di Montecitorio, il testo non può essere presentato in forma identica che dopo sei mesi; non prima, cioè, di fine giugno, una volta “digerito” l’esito delle elezioni Ue dell’8-9 giugno. A proposito di dossier in stallo (in questo caso da oltre un decennio), ieri l’ex numero due della Bce Christian Noyer è stato ospite della cena di lavoro dei ministri delle Finanze dell’Ue (per l’Italia c’era Giancarlo Giorgetti).

Piatto forte, la maggiore integrazione del mercato Ue dei servizi finanziari, tema su cui, per conto del governo francese, ha redatto un report che, tra le altre cose, propone la creazione di prodotti di risparmio europei a lungo termine per stimolare gli investimenti privati nel continente.

Senza un «consenso» a 27, ci saranno, semmai, «forme di collaborazioni tra gruppi di Paesi» per avanzare su quella che è una «priorità assoluta e urgente» per l’Ue, ha messo in guardia ieri il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, riproponendo un quasi-ultimatum che era stato già rivolto ai colleghi, a febbraio, dal francese Bruno Le Maire, inaugurando il rinnovato pressing da parte di Parigi, con la mezza sponda di Berlino (del cancelliere Olaf Scholz, ma non del suo ministro Christian Lindner), per superare l’impasse. Il senso è quello già anticipato da Enrico Letta e da Mario Draghi nei rapporti (uno già uscito, l’altro in lavorazione) rispettivamente sul futuro del mercato unico e sulla competitività Ue: ogni anno, secondo i dati della Bce, 300 miliardi di euro lasciano il continente per fluire verso gli Stati Uniti, dove trovano un ambiente più favorevole e occasioni di investimento e rendimenti più interessanti.

L’OK AL PNRR
All’Ecofin di questa mattina, i ministri dei 27 daranno luce verde alle modifiche mirate e di natura tecnica al Pnrr dell’Italia che il governo aveva presentato a Bruxelles a inizio marzo, e che a fine aprile avevano già ricevuto l’ok della Commissione. Ma rispetto all’ipotesi di andare oltre il 2026 con le scadenze dei progetti del Recovery Plan, le fratture rimangono insanabili, ha ricordato una fonte qualificata interpellata sul punto, per quanto è sotto gli occhi di tutti che c’è un discreto fronte «che desidera una proroga o l’adozione di un nuovo meccanismo di finanziamento» simile. E a proposito della competitività Ue, tra i temi di discussione ieri in attesa del report Draghi, Giorgetti ha parlato della necessità di «tenere i talenti in Europa» e di «allentare i vincoli burocratici per utilizzare le risorse per l’innovazione», anche in relazione al Pnrr.

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