Il sipario è caduto sul palco del Teatro Argentina. E come un gigante tappeto rosso lo ricopre. Sopra alcune poltrone e spettatori. Il dubbio sorge. Sono anche loro interpreti oppure fanno parte del pubblico? Difficile distinguere la realtà dalla finzione. E vale lo stesso per chi inizia a leggere l’opera di Carlo Goldoni “Un curioso accidente”. Accompagnato dalla musica del pianoforte, il regista Gabriele Lavia fa il suo ingresso e spiega che l’autore nel testo dichiara che si tratta di una storia vera. Bugie. Perché se si fa una piccola ricerca sulle coordinate geografiche del luogo dove dice che gli è stata raccontata, si scoprirà che sono inesistenti.
Non però il modello di relazione tra la nobile Giannina e il disperato De la Cotterie. Tormentato e ancora attuale. Un labirinto d’amore. Ci si rischia di perdere negli equivoci divertenti, nelle intenzionali omissioni e nelle false dichiarazioni incrociate tra i personaggi. La via d’uscita? Verrà proprio (per caso fortuito) dalla persona che si oppone a questa unione.
Una messinscena (quella voluta dall'artista milanese) festeggiata con palandrane variopinte, andirivieni degli attori tra i corridoi del teatro e dialoghi accesi. La rappresentazione di questa commedia in tre atti è frizzante e gioiosa. E non mancano le scene divertenti. “Che fanno? Si picchiano?”, si interroga una signora dal pubblico. L’azzuffata tra Lavia (qui ricco mercante olandese e padre della giovane) e Andrea Nicolini (Monsieur Riccardo, il genitore della donna a cui il primo vorrebbe far sposare De la Cotterie) è esilarante. I due si rincorrono, si tirano e si mettono anche seduti in quelle poltrone dove si trovano gli spett-attori. Tutto accade in quella porzione di platea che si trova sul proscenio, suscitando il riso generale di chi assiste. Alla fine dell’opera il pubblico sul palco si alza, e quello in platea pure. Si applaude e si specchia, creando un curioso accidente.