Minorenni costrette a prostituirsi a Bari, la testimonianza della 16enne: «Ci davano 300 euro, così compravamo i vestiti griffati»

Dieci arresti: sotto accusa i clienti e gli addetti alla sorveglianza dei b&b dove avvenivano gli incontri

Bari, baby-squillo per 300 euro: «Così ci compriamo i vestiti griffati». Il giro gestito da altre donne, dieci arresti
di Camilla Mozzetti, inviata a Bari
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Lunedì 13 Maggio 2024, 23:56 - Ultimo aggiornamento: 14 Maggio, 22:47

BARI Invogliata da una «pluralità di complimenti» che le venivano rivolti dagli adulti a cui veniva presentata e sedotta, «dalla visione delle ingenti somme di denaro che le sue amiche intascavano quotidianamente» e che servivano poi per acquistare vestiti o passare le sere nei locali più di moda. È così che Cristina, che in realtà ha un nome diverso, ha iniziato a lavorare per la “Squadra”, la “Squad girls”, per il gruppo di quattro donne, tutte maggiorenni, finite al centro dell’inchiesta su un giro di prostituzione minorile esplosa a Bari e in provincia che ha portato la Squadra Mobile ad eseguire ieri mattina all’alba un provvedimento cautelare deciso dalla Procura a carico di dieci persone. È il mondo delle baby squillo pugliesi. «Si lavora insieme - racconta Cristina in audizione protetta - se si guadagnano mille euro bisogna darne a loro 500». Anche grazie alla denuncia presentata dalla madre della ragazzina, a malapena sedicenne, sono partite le indagini che hanno accertato l’esistenza di molteplici gruppi dediti allo sfruttamento della prostituzione i cui componenti erano intercambiabili fra loro ma anche antagonisti. «Voglio raccontare che tutto è iniziato dopo l’estate del 2021», esordisce Cristina nell’ottobre dell’anno successivo. Racconta come è entrata nel giro. «Arrivarono dei clienti in viale della Repubblica e loro, le donne della “Squadra, mi fecero partecipare all’atto, facendomi spogliare, lasciandomi in biancheria intima e mi diedero alla fine 100 euro. Da quel giorno cominciai a frequentare le ragazze con le quali giravamo per i B&B. Le cose avvenivano poi sempre nella stessa maniera, tutte insieme accoglievamo i clienti... loro avevano tutti e due i tipi di rapporti col cliente io ne avevano solo uno, spesso il rapporto normale. A me per due prestazioni mi davano dalle 200 alle 300 euro».

Baby prostitute a Bari, le intercettazioni: «Porta il regalino grosso». Tra i clienti un esponente del clan Capriati. Una prestazione costava 250 euro

LA “SQUADRA”

Le ragazze, le componenti della “Squadra” di cui Cristina inizierà a far parte prima come “centralinista” addetta alla prenotazione degli appuntamenti e poi come escort sono donne con precedenti alle spalle fra cui estorsione e sequestro di persona.

Soggetti che come annota il gip nell’ordinanza di custodia cautelare sono «privi di scrupoli, interessati esclusivamente a massimizzare i proventi derivanti dalla loro attività illecita». Marilù, Emma, Erika: questi i loro “nick-name”, ovvero Marilena Lopez (classe 1989), Antonella Albanese (classe 2003), Federica De Vito (classe 1999) insieme a Elisabetta Manzari (classe 2000). Sono tutte baresi. A portare Cristina nel gruppo è la Albanese, una donna già conosciuta all’ombra del teatro Petruzzelli come escort. Le due si ritrovano dopo aver frequentato seppur con qualche anno di differenza lo stesso istituto scolastico, dopo l’estate del 2021 quando la Albanese rientra in Puglia dalle Marche. E lei a introdurre la ragazzina nel giro. «Queste fanno i p... per cinquanta euro», dirà alle socie spiegando il modo di sottrarsi al lavoro e pagare comunque relativamente poco le ragazzine per le prestazioni rese.

IL METODO

«Lei fa quello che fanno loro, si prostituisce ma non si può cominciare senza di loro... si lavora insieme, se si guadagna 1000 euro bisogna dare loro 500 euro», racconta Cristina dissociandosi all’inizio dalle attività di prostituzione ma raccontando, in maniera puntuale, il “modus operandi” del gruppo: gli annunci erotici in rete, su alcuni siti di incontro, i metodi di selezione delle strutture, ovvero B&B sprovvisti di telecamere con proprietari assenti nei quali i pagamenti si realizzavano con carte prepagate attraverso dispositivi automatici che favorivano il rilascio delle chiavi. Lei inizia perché è giovane «fresca e avvenente» e ai clienti fa gola. Tante le strutture extra-alberghiere in cui si consumano gli incontri. In un caso è lo stesso proprietario e gestore, anche lui finito nell’operazione di ieri e costretto all’obbligo di dimora, a sovrintendere le “procedure”. Si chiama Michele Annoscia, ha 45 anni. Quando la madre di Cristina insieme ad un’altra donna la cui figlia è entrata nel giro incontrano l’uomo per chiedere spiegazioni, Annoscia non nega ma anzi fa capire alla madre di Cristina che la ragazzina rischia di entrare in un brutto giro. Nel corso dei mesi successivi poi ad un cliente spaventato che non sapeva l’età di una delle “baby-squillo” poi rimasta incinta, replicherà: «... è lei che ha fatto la ... è lei che ... fa la prima p.....». Il giro frutta, Cristina e una sua amica vengono richieste da molti clienti. Marilù Lopez parlando dei primi incontri si dirà soddisfatta per come le ragazzine si sono comportate. Era lei insieme a un altro uomo, Ruggiero Doronzo, classe 1995, a occuparsi della lista di appuntamenti e di come e quando pubblicare gli annunci on-line «Mettimi l'annuncio... tre annunci devi mettere! Uno alla nove, dalle nove alle dieci... uno dalle dieci alle dodici... e l'altro da mezzanotte a.... di ventidue anni! Non ventitré ti ho detto!». Ai clienti che chiedevano prestazioni particolari rispondeva: «Amò cento a testa... se vuoi una cosa a tre sono centocinquanta a testa». Gli annunci erano sempre corredati da foto vere delle ragazzine, gli appuntamenti passavano per Telegram.

Fra gli uomini finiti nell’ordinanza di custodia cautelare c’è anche Nicola Basile, detto “Nico”, 25enne, che dopo aver consumato dei rapporti con Cristina inizierà a farle da “protettore” avanzando poi da lei la metà della cifra ottenuta dai clienti. La sedicenne infatti esce dalla “Squadra” delle donne perché un gruppo “rivale” aveva parlato con sua madre rivelando cosa faceva la figlia. Una ragazza comunque problematica che vantava rapporti con alcuni dei rampolli di note famiglie criminali baresi fra cui quella dei Capriati. Bino Capriati è il figlio di Raffaele Capriati, scarcerato dopo un lungo periodo detentivo per l’omicidio del 16enne Michele Fazio avvenuto nel 2001. È con lui che Cristina si fa selfie e storie pubblicate poi su Instagram. C’è poi anche Mimmo Strisciuglio, figlio di Sigismondo, esponente di spicco dell’omomino clan. Con Basile il livello della clientela sale e nel novero degli approfittatori ci finiscono imprenditori e avvocati penalisti, finiti poi ai domiciliari e uno di loro fermato a Roma, o costretti all’obbligo di dimora che portano Cristina e almeno una sua amica in lussuosi alberghi e in ristoranti blasonati di Polignano. Finita l’epoca delle camere di B&B (compresa una struttura a Monopoli) si passa alle suite di hotel vendute a 280-380 euro a notte. Uno dei clienti finì al centro dell’inchiesta sulla morte di Marco Pantani come fornitore di droga ma poi ne uscì, un altro invaghendosi di un’amica di Cristina, le metteva in mano anche 500 euro. In totale la polizia ha potuto accertare, per prestazioni continue anche di una settimana, 13 mila euro di guadagni. «Una situazione penale che si intreccia con quella sociale - il commento del procuratore aggiunto di Bari Ciro Angelillis - in cui i social network costituiscono una vera vetrina di questo mercato del sesso».

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