Gaza, intesa sugli ostaggi e lite sulla fine della guerra. Dopo la tregua Netanyahu non vuole fermarsi

L’ottimismo dell’Egitto: intesa possibile anche senza il ritiro delle truppe di Tel Aviv

Gaza, intesa sugli ostaggi e lite sulla fine della guerra. Dopo la tregua Netanyahu non vuole fermarsi
di Raffaele Genah
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Domenica 5 Maggio 2024, 00:54 - Ultimo aggiornamento: 08:41

 Nella girandola di sensazioni, è stato il giorno del cauto ottimismo. La trattativa per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas potrebbe essere davvero arrivata ad un punto di svolta. Questo, almeno, è quanto traspare su autorevoli media di Paesi arabi moderati coinvolti nelle trattative. I primi a sostenerlo, il quotidiano saudita “Ashraq” e il canale egiziano “Al Rad” secondo cui ci sarebbero stati intensi contatti tra mediatori e negoziatori di entrambe le parti sul tema degli ostaggi da liberare nella prima fase, e secondo un’altra fonte egiziana sarebbe stato raggiunto un accordo «su molti punti», anche senza un cessate il fuoco definitivo, mentre «ne resterebbero pochi da definire».

LA TRATTATIVA

In serata però Times of Israel ha avvertito: «Un alto funzionario di Hamas insiste che il gruppo terroristico “non accetterà in nessuna circostanza” una tregua a Gaza che non includa esplicitamente la fine completa della guerra». Il funzionario però ha parlato in forma anonima. In realtà l’unica cosa certa al momento è che la delegazione di Hamas, guidata dal vice di Haniye, Khalil al Hayya è arrivata al Cairo per riprendere il filo interrotto una decina di giorni fa, «determinata a garantire un accordo» e ha avuto un primo giro di colloqui con i negoziatori egiziani e qatarini. Sempre a Il Cairo è arrivato anche il capo della Cia, William Burns per seguire da vicino l’andamento delle trattative. Ci sono poi le indiscrezioni di cui è impossibile al momento trovare conferma, e le dichiarazioni di intenti già annunciati e che potrebbero fare incagliare gli accordi. Tra le indiscrezioni la più clamorosa, citata dal quotidiano saudita, è il possibile rilascio di Marwan Barghouti, leader di Fatah e simbolo della seconda intifada, condannato a diversi ergastoli che sta scontando nel carcere di Hadarim, vicino Natanya. Condizione per il suo rilascio - secondo questa fonte - sarebbe la sua partenza verso l’estero o verso Gaza, escludendo il ritorno in Cisgiordania.

Di certo però il rilascio non avverrebbe nella prima fase dell’accordo, le sei settimane durante le quali dovrebbero tornare liberi 3 ostaggi civili al giorno (donne, bambini, ragazzi sotto i 19 anni, adulti malati o feriti) in cambio, per ognuno di loro, di 20 prigionieri palestinesi scelti con criteri analoghi e con una pena da scontare inferiore a 10 anni. Per le soldatesse prese in ostaggio il “prezzo” sarà raddoppiato: 20 detenuti con pene pesanti da scontare e altrettanti con pene inferiori a 10 anni. Durante questa prima fase sarebbe prevista una parziale uscita dell’esercito dalla Striscia, il divieto di sorvolo aereo per otto ore al giorno, il ritorno degli sfollati, al nord senza limitazioni. L’eventuale rilascio di Barghouti, qualora fosse confermato, potrebbe avvenire nella seconda fase, quella che prevedrebbe il rilascio dei soldati in cambio ognuno di 40 detenuti, la metà dei quali con pene pesanti. In questa seconda fase dovrebbero essere gettate le basi per la ricostruzione della Striscia. 

 

Fin qui le indiscrezioni, e già la loro lettura rende il quadro della complessità del percorso da affrontare. E ci sono poi le dichiarazioni d’intenti: Netanyahu ha fatto sapere che «indipendentemente dagli accordi» l’operazione di terra a Rafah si farà, dichiarazione confermata da altre fonti - in forma anonima ma ricondotte al governo - secondo cui Israele non accetterà mai la fine della guerra come parte dell’accordo sugli ostaggi. «L’Idf entrerà a Rafah ed eliminerà i restanti battaglioni di Hamas indipendentemente dalla pausa temporanea».

LE REAZIONI

Dichiarazioni che non sono piaciute al leader dell’opposizione entrato a far parte del Gabinetto di guerra, Benny Gantz. «La riposta di Hamas non è ancora stata ricevuta, quando arriverà il Gabinetto si riunirà e delibererà: suggerisco a fonti diplomatiche e “decisori” di mantenere la calma». Nell’attesa di queste risposte i negoziatori israeliani, hanno le valigie pronte per tornare a Il Cairo. La loro partenza sarebbe già un segno positivo. Ma di qui a dire che il momento dell’accordo sia veramente arrivato, ancora ce ne vorrà. Intanto gli Usa, oltre alle pressioni su Israele, chiedono al Qatar di espellere i capi di Hamas che ospita da anni, qualora facciano saltare la trattativa.

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