Sanità, Francesco Cognetti: calano medici e ospedali, così non si può garantire l'equità di accesso alle prestazioni

Non si può mettere a rischio il rispetto dell'articolo 32 della Costituzione: il nostro servizio sia universalistico

Sanità, Francesco Cognetti: calano medici e ospedali, così non si può garantire l'equità di accesso alle prestazioni
di Francesco Cognetti*
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Giovedì 16 Maggio 2024, 06:05 - Ultimo aggiornamento: 07:44

Il nostro servizio sanitario deve continuare a essere definito universalistico.

Liste d’attesa, mancanza di medici, di ospedali e di posti letto, concorsi deserti, specializzazioni senza iscritti, progressivo definanziamento mettono a rischio il rispetto dell’articolo 32 della Costituzione e dei principi fondanti del nostro modello di cura. 

I numeri

In appena due anni, durante l’emergenza Covid, addirittura il numero dei posti letto è diminuito, e ne sono stati tagliati 32.508: nel 2020 erano 257.977, ridotti a 225.469 nel 2022. Si stima che, negli ospedali italiani, manchino almeno 100 mila posti letto di degenza ordinaria e 12 mila di terapia intensiva. 

L’età media dei medici è sempre più elevata, con ben il 56% che ha più di 55 anni rispetto al 14% della Gran Bretagna e percentuali anche più basse in altri Paesi. Entro il 2025, andranno in pensione 29mila camici bianchi e 21mila infermieri, senza un sufficiente inserimento di nuovi professionisti. Circa 11mila clinici ospedalieri (non in età da pensione) hanno già scelto di lasciare le strutture pubbliche fra il 2019 e il 2022. 
E sempre più giovani, formati a spese dello Stato (circa 150 mila euro ognuno), vanno all’estero, dove ricevono stipendi anche tre volte superiori rispetto all’Italia e con condizioni di lavoro nettamente migliori.

Diminuisce anche il numero degli ospedali: in 10 anni ne sono stati chiusi 95, il 9%. Nel 2012 erano 1.091, nel 2022 sono calati fino a 996, con una riduzione più consistente per quelli pubblici (67 in meno, da 578 a 511). 

Il professor Francesco Cognetti

I Lea

Nel 2024, il finanziamento del Fondo sanitario nazionale è aumentato in termini assoluti rispetto al 2021, ma è diminuito rispetto al Pil ed eroso in modo molto consistente dalla maggiore inflazione. Inoltre, queste risorse sono state in larga parte utilizzate per aumenti contrattuali irrisori del personale, che non sono in grado di contenere l’esodo dei medici. 
Dodici Regioni su ventuno non garantiscono neppure la minima sufficienza dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), cioè le cure considerate fondamentali.

La maggioranza presenta valori sotto la soglia in prevenzione, assistenza sul territorio e ospedale. E si tratta dei Lea attualmente in vigore che risalgono addirittura al 2001, aggiornati nel 2017, ma mai attuati. Le Società scientifiche chiedono come sia possibile solo pensare in queste condizioni al varo della legge sull’Autonomia differenziata. Fenomeni drammatici, quali le liste di attesa per prestazioni diagnostiche necessarie e la eterogeneità per terapie che avrebbero un effetto positivo sul decorso di gravi malattie, nonché le attese interminabili, anche di giorni, nei Pronto soccorso prima del ricovero nei reparti di degenza, sono dovuti a gravissime carenze strutturali ed organiche.

La riforma

È urgente risolvere questi problemi con una riforma strutturale e di sistema degli ospedali, con lo stanziamento di risorse davvero adeguate per rispondere ai principali parametri in vigore negli altri Paesi europei e con la vera realizzazione delle reti territoriali per patologie. Va anche osservato che tutti i Paesi europei, durante la pandemia, hanno prodotto aumenti del finanziamento pubblico alla sanità superiori al nostro.
Dal 2012 al 2021 l'incremento per l'Italia è stato solo del 6,4% rispetto al 33% della Germania, al 24,7% della Francia e al 21,2% della Spagna. Per frenare l'emorragia dei medici è necessario intervenire con provvedimenti immediati. 

Nei prossimi 7 anni saranno 30mila i medici in più, ma i tempi sono troppo lunghi vista la significativa carenza attuale e occorrono altre iniziative. La grave crisi di sostenibilità del servizio sanitario nazionale non garantisce più alla popolazione un’effettiva equità di accesso alle prestazioni sanitarie, con intuibili conseguenze sulla salute delle persone e pesante aumento della spesa privata. 
*Coordinatore del Forum delle Società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari italiani

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