Pranzo della domenica italiano celebrato dal New York Times: «Se ci si siede a tavola insieme, va tutto bene»

Il pranzo della domenica è una delle tradizioni italiane che sembra essere diffusa in tutta il mondo.

Pranzo della domenica italiano celebrato dal New York Times: «Se ci si siede a tavola insieme, va tutto bene»
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Martedì 14 Maggio 2024, 18:24 - Ultimo aggiornamento: 18:54

Il New York Times ha deciso di raccontare la storia di alcuni personaggi che nonostante le loro diverse nazioni di provenienza,hanno cercato di mantenere la tradizione, in particolare una delle più importanti in Italia che sembra essersi persa: il pranzo della domenica che è rimasto sempre un simbolo di grande unione.

Cannelloni, sinfonia di sapori in un abbraccio di pasta

Il pranzo domenicale

Lunga la tradizionale italiana del pasto domenicale che negli ultimi anni sembra essersi persa ma non per tutti, il New York Times ha voluto raccontare le storie di persone che hanno deciso di mantenere questa lunga tradizione. Il pranzo della domenica sembra essersi un po' perso a causa di alcuni fattori come ad esempio famiglie che si sono dimezzate ma anche il fatto che ormai per cause lavorativi magari la domenica si è costretti a lavorare al posto di godersi il pranzo con la propria famiglia.

Ghali

Il rapper 30enne, di origini Italo-Tunisine nella sua intervista ha voluto raccontare come sia riuscito a mantenere questa tradizione e di come viene “celebrato“ il pranzo domenicale a casa: «La domenica mia mamma preparava sempre il cous cous. Il couscous tunisino è rosso e un po' piccante, a differenza del couscous marocchino, che è giallo, e puoi gustarlo con pesce o carne. Sono davvero semplice quando si tratta di cibo. Uno dei miei piatti preferiti che prepara è l'ojja, ovvero uova e pomodoro. In Tunisia lo chiamiamo il piatto più povero.

Mia madre vive con me, quindi quasi tutte le sere siamo io e lei. Ogni giorno è come un pranzo domenicale con mia mamma. Quando ero piccolo, di solito mangiavamo cibo italiano durante la settimana. Preparava piatti come la pasta quattro formaggi o gli spaghetti ai frutti di mare. Ma mette il suo tocco su tutto: anche la sua pasta è un po' piccante».

Gianna Greco

Gianna Greco, 57 anni nata a Lecce prepara ancora il pranzo domenicale della sua famiglia a casa e lo fa ancora come facevano i suoi antenati. Preferisce attenersi a una sceneggiatura trasmessa di generazione in generazione. Così Greco, che possiede e gestisce una scuola di cucina locale con sua figlia, Maya Ciraci, 28 anni, prepara il pane del pasto con lo stesso lievito madre usato da sua madre. Lei apparecchia la tavola allo stesso modo. Questo il suo ricordo: «Niente carta, niente plastica.Vecchi piatti, vecchi bicchieri. È molto importante! Abbiamo bisogno di un tempo per ricordare le nostre tradizioni, la nostra cultura, la nostra vita. Puoi combattere con la tua famiglia,puoi discutere. Ma se ci si siede a tavola insieme, va tutto bene. Con il cibo e il vino tutto diventa più chiaro».

Brunello Cucinelli

Brunello Cucinelli, 70 anni, presidente di Cucinelli ha voluto raccontare di come anche grazie alle sue origini contadine per lui il pranzo domenicale è da sempre stato qualcosa di sacro: «Per noi il pranzo è una cosa molto, molto seria. Fa parte della nostra cultura. Anche nei normali giorni in azienda ci fermiamo alle 13 per un'ora e 30 minuti. Il 20% delle persone torna a casa. Gli altri mangiano al ristorante aziendale. Ogni giorno c'è pasta, oppure un pasto vegetariano o riso. Ma la tavola è sempre apparecchiata molto bene e c'è sempre del buon olio d'oliva. Purtroppo non possiamo più servire vino. Vengo da una cultura contadina. Quando ero più giovane, il pranzo della domenica in campagna era come qualsiasi altro giorno. Eravamo in 13: i miei nonni, i loro tre figli e le loro mogli e noi cinque nipoti. Ci svegliavamo molto presto per occuparci della terra e degli animali. Il pranzo di mezzogiorno era sacro. La domenica era pasta, normalmente con ragù misto di maiale e pollo. Dopo la pasta si mangiava la carne cotta nel sugo. Ogni sera, al calare del sole, c'era la zuppa. Normalmente era brodo con un po' di pasta, fagioli o ceci e un po' di sale. Fino a quando mi sono sposato, a 29 anni, mangiavo zuppa ogni sera».

Brunello Cucinelli si è soffermato anche sul fatto che ormai le tradizioni siano cambiate ma comunque nella sua famiglia ha cercato di mantenerle: «Adesso la domenica la mattina vado a messa, poi mi fermo a fare due chiacchiere con gli amici al piccolo bar del paese, Il Circolo della Filarmonica di Solomeo. Prendo un aperitivo – un Aperol spritz – focaccia, patatine, olive e taralli e poi torno a casa a mangiare. Ho la regola di non tornare prima delle 13, così non devo aiutare ad apparecchiare la tavola. Tutta la mia famiglia, io e mia moglie Federica, le nostre due figlie, Camilla e Carolina, e le loro famiglie, ci incontriamo tutti a casa per pranzo».

Nina Yashar

Nina Yashar, gallerista di origini iraniane ha raccontato come abbia vissuto il suo passaggio e di come abbia provato a fare il pranzo domenicale con i suoi collaboratori e stare tutti insieme a tavola e comunicare: «Quando la mia famiglia si trasferì da Teheran a Milano nel 1963, i miei genitori rimasero a casa in modo molto tradizionale. Di solito mangiavamo solo piatti persiani: khoresht lubia sabz [stufato di fagiolini], bademjan polo [riso alle melanzane], khoresht fesenjan [stufato di pollo e melograno]; mia mamma li fa ancora. Lei è l'unica di noi che sa come fare. Mangiamo tutti insieme una volta alla settimana. È importante che la comunità persiana rimanga unita. Di solito ai nostri pranzi settimanali ci sono i miei genitori, io, mio ​​marito, mia sorella, mia figlia e mio nipote, quando sono qui a Milano. A volte uno o due amici intimi, ma solo persone che hanno familiarità con la famiglia. Per questo pranzo ho invitato 16 designer [rappresentati dalla mia galleria Nilufar ]. Non abbiamo mai provato a sederci tutti insieme così intimamente per mangiare e parlare. È stato molto rivelatore. Sarebbe stato normale provare competizione o antagonismo. Ma a un certo punto qualcuno ha detto: «È strano, c'è un clima così collaborativo. Lavoriamo tutti con la galleria ma non sembra competitiva.” Inaspettatamente, tutto è stato molto armonioso: nessuno parlava di lavoro. Il cibo è il gesto d'amore più grande. Collega le persone. Di solito non cucino, ma mi piace sperimentare miscele di cibi. Ho sempre mangiato sabzi polo [un piatto di riso persiano]. Così un giorno di quattro anni fa ho deciso di creare una conversazione tra Iran e Italia. Ho mescolato il pesto di basilico italiano al riso con aneto e fave. La gente lo adora. Non hanno mai mangiato niente del genere perché non esiste. E' una mia invenzione»

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