Il bilancio dell'attacco di un commando di kamikaze talebano del TTP alla Scuola pubblica militare di Peshawar è salito a 141 morti (132 bambini e nove persone dello
staff).
Nuovo attacco Due esplosioni sono avvenute oggi pomeriggio in Pakistan all'esterno di una scuola femminile vicino a Peshawar. Lo riferisce l'emittente indiana «all news» Ndtv. A quanto riferiscono i media l'istituto scolastico preso di mira si trova nella città di Dera Ismail Khan, nella provincia nord-occidentale di Khyber Pakhtunkwa, a qualche centinaia di chilometri da Peshawar dove ieri i talebani hanno massacrato oltre 130 studenti. Secondo una tv pachistana l'area è stata isolata dalle forze di sicurezza. Nel momento degli scoppi la scuola era chiusa in segno di lutto per il massacro compiuto ieri.
La minaccia Dopo la strage di ieri i talebani pachistani hanno minacciato nuovi attentati come «vendetta» per le operazioni dell'esercito nel nord-ovest e hanno esortato i civili a evitare scuole e altre sedi militari.
La vendetta Nello stesso comunicato i taliban spiegano di aver agito per rappresaglia «per l'uccisione dei compagni in carcere» e «per le operazioni militari» in corso da diversi mesi nel Nord Waziristan e nella Khyber Agency. Secondo il gruppo fondamentalista, l'attacco di ieri è stato condotto da un commando di sei talebani guidati dal comandante Khalifa Omar Mansoor e «ha causato la morte di molti militari, compreso un colonnello, e di 200 bambini». Il Ttp ha spiegato di voler colpire la scuola «perché è una istituzione dell'esercito dove i bambini vengono istruiti per poi entrare in futuro nelle forze armate». Hanno poi aggiunto che dall'inizio dell'anno 600 detenuti e loro familiari sono stati uccisi dalle forze di intelligence. Nel comunicato, si chiede la cessazione del «genocidio» della comunità tribale vittima delle «cosiddette operazioni militari» e il rilascio dei mujahiddin che sono in carcere.
Moratoria sospesa Il premier pachistano Nawaz Sharif a 24 ore dal massacro ha annunciato la sospensione della moratoria per la pena di morte. Riguarda solo i casi di condanne di terroristi alla pena capitale. Dal 2008, quando la misura fu introdotta dal governo del premier Asif Ali Zardari per evitare sanzioni economiche europee, i giudici continuano a comminare condanne a morte ma l'esecuzione è sempre stata automaticamente sospesa. Solo una volta essa è stata eseguita ed ha riguardato un soldato condannato da una corte marziale e impiccato nel novembre 2012. Secondo Amnesty International nel braccio della morte vi sono almeno 8.000 prigionieri, molti dei quali hanno la sentenza passata in giudicato.