Esclusivo/Parla il gay braccato per un bacio: «Ora vivo nella paura di aggressioni»

Esclusivo/Parla il gay braccato per un bacio: «Ora vivo nella paura di aggressioni»
di Gianluca Lettieri
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Domenica 21 Maggio 2017, 16:16 - Ultimo aggiornamento: 19:39
«È stato orribile. Per la prima volta nella mia vita, ho avuto paura di andare per strada da solo». Ha 31 anni ed è uno studente universitario il giovane insultato e inseguito perché gay. Due giorni dopo l’episodio omofobo, avvenuto sul lungomare di Pescara, Luca (nome di fantasia) accetta di raccontare la sua serata da incubo.

Tutto è iniziato quando ha salutato il suo fidanzato con un bacio, prima di avviarsi in bicicletta verso casa. «Erano più o meno le dieci di giovedì, ci trovavamo vicino alla fontana con i neon colorati, ai confini con Montesilvano - dice Luca, volontario di Arcigay Chieti, associazione che ha denunciato la vicenda parlando di grave assalto omofobico -. È stato un bacio a stampo, è durato un istante: lui era in piedi, io in bici. Due giovani, a bordo di una Punto grigia, hanno rallentato e ci hanno insultato. Poi io ho proseguito verso il ponte del mare e, fino a poco dopo la nave di Cascella, i due tagliavano la strada dalla corsia opposta, si accostavano alla pista ciclabile, aspettavano che io arrivassi in bici e continuavano a offendermi. La cosa si è ripetuta per cinque o sei volte. Avevo paura che mi seguissero fino a casa e mi picchiassero, visto che erano in due».

La vittima racconta di aver contattato invano i numeri di emergenza, ma il passaggio di una pattuglia delle forze dell’ordine ha messo in fuga i due, apparentemente tra i 25 e i 30 anni. «Non li avevo mai visti prima. Stavo usando il telefono - continua Luca - e avevano paura che prendessi la targa, ecco perché sono andati via. Purtroppo non sono riuscito a segnarla. Ho sentito fortemente minacciata la mia sicurezza: ero solo, le forze dell’ordine non mi rispondevano e non sapevo cosa fare». Il giovane riferisce che è andato sia in Questura che dai carabinieri, «ma mi è stato risposto in entrambi casi che, poiché, a parer loro, non si configurava alcun reato, non potevano fare niente». Secondo l'Arcigay, che si è confrontata con l'avvocato Andrea Cerrone, il ragazzo «ha subito una vera e propria violenza privata». Un reato, spiega il legale, «procedibile d'ufficio. Se è vero che l'ingiuria è stata depenalizzata, il fatto stesso che il giovane non sia potuto rincasare, a causa delle condotte minatorie dei balordi, configura un caso di scuola di violenza privata. Una denuncia del genere andava raccolta senza se e senza ma». Arcigay, che si è rivolta anche all’avvocato Francesca Di Muzio, chiede «con forza che, come la Regione Umbria, anche l'Abruzzo si doti di una legge regionale volta al contrasto contro le discriminazioni e le violenze di genere determinate dall'orientamento sessuale».
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