«Ho avuto una specie di premonizione – racconta ancora Benvenuti -: ho visto una sagoma sul cavalcavia e ho pensato che fosse molto strano. Forse addirittura erano in due. Quando siamo arrivati all’area di servizio le forze dell’ordine ci hanno confermato che c’erano altre pietre sulla carreggiata: evidentemente si stavano allenando». Fresi fa trapelare tutta la sua rabbia: «Siamo rimasti basiti, è una cosa incomprensibile che credo possa affondare le sue ragioni solo nell’alcol, nella droga o nella follia. C’è il rischio di colpire una persona e ucciderla: io sono riuscito a tenere la macchina dritta, senza sbandare, perché il sasso ha colpito il posto dove sedeva Alessandro, che è stato investito da più vetri. Se fosse capitato a me non so se avrei tenuto l’auto, magari avrei chiuso gli occhi e mosso male le mani sul volante, forse mi sarei cappottato. Fortunatamente ero molto concentrato sulla guida». Il pensiero va a cosa sarebbe potuto accadere: «Benvenuti – dice Fresi – è un omone di un metro e novanta, ma se accanto a me ci fosse stato mio figlio il sasso gli sarebbe arrivato in faccia. Non ci voglio neanche pensare».
© RIPRODUZIONE RISERVATA