Dopo la pandemia, il benessere dei dipendenti non è più una priorità

Dopo la pandemia, il benessere dei dipendenti non è più una priorità
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Martedì 7 Maggio 2024, 12:00 - Ultimo aggiornamento: 19 Maggio, 17:00

Poche indagini e poco approfondite sul benessere aziendale. Un trend diffuso negli Stati Uniti e anche in Europa che rischia di minare produttività e competività. Il commento di Alessandro Zollo, CEO di Great Place to Work Italia

Sempre più aziende, dopo la pandemia, rinunciano a misurare il grado di coinvolgimento dei dipendenti nei luoghi di lavoro. Secondo quanto svelato dal Career Wellbeing Report 2023 di Gallagher e riportato recentemente dal portale specializzato HR Executive, solo la metà delle aziende americane (51%) ha svolto, nel corso degli ultimi due anni, un’indagine approfondita sul grado di coinvolgimento delle persone, un dato in calo del 15% rispetto ai livelli pre-pandemia quando erano due su tre le organizzazioni made in Usa virtuose (65%) in questo ambito. In Europa, secondo quanto emerso dal State of the Global Workplace 2023 di Gallup, la situazione è ancora più drammatica con solo il 13% dei collaboratori che si sente coinvolto sul luogo di lavoro: l’Italia è maglia nera con un dato di coinvolgimento dei dipendenti pari al 5%, dietro a Uk (10%) e Francia (7%).

Durante la pandemia i datori di lavoro si sono concentrati maggiormente sulla stabilizzazione della forza lavoro e sulla valutazione del benessere immediato dei dipendenti, mediante sondaggi rapidi e/o indagini in modalità “instant”, somministrati con maggiore frequenza e di conseguenza le indagini approfondite sul coinvolgimento dei collaboratori sono uscite dall’elenco delle priorità del business aziendale. Secondo quanto riportato da Newsweek, per l’intera economia globale avere dipendenti non impegnati o attivamente disimpegnati è arrivato a costare fino a 8,8 bilioni di dollari in termini di perdita di produttività, una cifra pari al 9% del Pil globale.

“Quando si valuta lo stato di salute di un’azienda è fondamentale conoscere il punto di vista delle persone che quotidianamente vivono quella realtà – dichiara Alessandro Zollo, CEO di Great Place to Work Italia, realtà leader per la cultura organizzativa – L’ascolto attivo dei collaboratori permette di ottenere una panoramica veritiera del clima organizzativo e, di conseguenza, una sorta di fotografia dello stato di salute e del funzionamento di un’azienda. Quando non si vive un ambiente di lavoro sano, l’innovazione e la produttività ne risentono e ciò dimostra quanto sia importante per le aziende investire nell’analisi della «people experience» al lavoro e della messa in atto di politiche di miglioramento continuo che permettano alle organizzazioni di crescere di più e, contemporaneamente, di diminuire i costi legati al turnover e alla perdita di produttività. Un tema centrale e decisivo non solo per le multinazionali e le aziende medio-grandi ma anche e soprattutto per le PMI che sono il cuore pulsante dell’economia italiana e che, non potendo godere di economie di scala, devono obbligatoriamente investire sulla produttività delle persone per poter crescere e rimanere competitive sul mercato”. Secondo Zollo “anche le survey brevi o pulse hanno un valore importante. Possono infatti essere usate per tastare il terreno su un particolare fenomeno, oppure su una parte della popolazione aziendale o come metro di misura di un’attività scaturita da una prima analisi estensiva. Le pulse surveys sono un importante strumento di controllo e aggiustamento, ma difficilmente sostituiscono modelli completi di analisi dell’esperienza delle persone in un’organizzazione”.

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