Stella di Andromeda esplode nella Preistoria. La scopre AstroGianluca: «Cartolina arrivata dopo due milioni di anni»

L'ultima scoperta dell'astrofisico ciociaro Gianluca Masi: un'esplosione stellare in larga differita in seno alla galassia "sorella maggiore" della Via Lattea. Il suo movente? «Far appassionare i bambini».

L'esplosione stellare nella galassia di Andromeda, scoperta dall'astrofisico ciociaro Gianluca Masi
di Marco Barzelli
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Sabato 7 Ottobre 2023, 09:55

Asteroidi, pianeti extrasolari, l’esplosione stellare più luminosa di sempre, ora una nova mai vista nella grande nebulosa di Andromeda. L’astrofisico Gianluca Masi, eccellenza made in Ciociaria, ne ha combinata un’altra delle sue.

AstroGianluca ha scoperto un’esplosione stellare avvenuta più di due milioni di anni fa in seno alla sorella maggiore della via Lattea. È la galassia che si trova ad “appena” due milioni di anni luce dalla nostra. Si avvicinano tra di loro e s'incontreranno tra miliardi di anni. Non sono più visibili a occhio nudo, però, per colpa dell’inquinamento luminoso. 

L’ultima grande scoperta di Masi, curatore del Planetario di Roma e del progetto “Virtual telescope”, è avvenuta nell’ultimo cielo buio d’Italia. È quello di Manciano, nella Maremma grossetana, dove ha trasferito quest’anno i telescopi pilotati via internet a Ceccano sin dal 2006.

Stavolta Masi ci racconta le fasi convulse di due stelle “compagne”.

Una nana bianca, in fin di vita, viene rifornita di materia da quella accanto ma così tanto da farla esplodere.

La passione per le stelle

La passione di Masi è esplosa sin da quando aveva quattro anni. «Ero rapito da quei punti luminosi - ricorda - nel meraviglioso cielo notturno degli anni Ottanta». Li guardava sempre d’estate con suo padre, fuori dalla loro casa in via Madonna de’ loco, nella parte alta di Ceccano.

«I miei mi regalarono un libro di astronomia che avrei letto anni dopo - rammenta ancora Masi -. Ma in tv c’erano storiche serie di fantascienza come Star Trek e Spazio 1999. Era pura fantasia, ma stelle, galassie, buchi neri e viaggi spaziali facevano sognare quel bambino».

Quel bambino è diventato un grande studioso di corpi celesti. Ora è stato il primo al mondo a segnalare l’esplosione di una stella di Andromeda nella Preistoria. E si emoziona se parla della figlioletta Elisabetta, di appena quattro anni, che lo rimanda a una sera d'estate a Sabaudia. Non aveva ancora spento la prima candelina, ma lo fece voltare con insistenza e gli indicò la luna.

Come la definirebbe quella nova?

«È una cartolina che, pur a 300mila chilometri al secondo, ci ha messo parecchio ad arrivare (ride, Ndr). Ai tempi delle dirette live sui social network, vediamo invece un evento cataclismico in differita. La scoperta è il distintivo che brilla, ma non si vede tutto il supporto dei miei genitori prima e della mia famiglia ora. Senza di loro, non esisterebbe nessuna scoperta».

È la scoperta più bella di sempre?

«In realtà sono travolto dall’emozione ogni volta che “inciampo” nel cielo in qualcosa di nuovo. Dall’incredulità si passa alle insidiose verifiche, quando si potrebbe anche scoprire che è un fenomeno avvistato il giorno prima. C’è soprattutto un senso di gratitudine verso quel cielo che ha voluto premiare costanza, dedizione, fatica e sacrifici di tantissimi anni».

Rischia anche l’ultimo cielo buio d’Italia?

«Negli ultimi vent’anni, purtroppo, l’Italia ha contaminato il cielo notturno di luce artificiale più di ogni altro paese al mondo. Per fortuna ce n’è ancora uno pulito nella Maremma grossetana, ma è in stato di preallarme a causa di vari progetti e infrastrutture che andrebbero a minare la sua peculiarità. Stiamo parlando dell’ultimo luogo stellato della penisola. Sarebbe bello tenercelo».  

Troppe luci anche in Ciociaria. Cos'è per lei la sua terra?

«Sono molto orgoglioso delle mie origini e radici. Il primo asteroide che scoprii nel 1998, tra quelli dedicati alla Ciociaria, porta il nome di Ceccano nella cartografia astronomica. È la città dove sono cresciuto, l’ho scoperto e ho portato avanti la mia attività scientifica per oltre vent’anni. Ricordo quel bambino che iniziava a mettere a fuoco un sogno. Spero sempre che ce ne sia uno che si appassioni attraverso ogni mia scoperta o parola. È quello il mio più grande movente».

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