Serena Mollicone, al via il processo d'appello. Lo zio: «Chi vuole dire la verità, lo faccia fino in fondo»

Il procuratore generale ha chiesto di sentire 44 persone, tra testimoni e consulenti, che sono ritenuti «indispensabili» per accertare la verità dei fatti

Serena Mollicone, al via il processo d'appello. Lo zio: «Chi vuole dire la verità, lo faccia fino in fondo»
di Vincenzo Caramadre
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Giovedì 26 Ottobre 2023, 10:11 - Ultimo aggiornamento: 13:07

L'attesa è finita: al via il processo d'appello per l'omicidio di Serena Mollicone,la diciottenne di Arce, come noto, fu  trovata morta nel giugno del 2001 nel bosco Fonte Cupa nella vicina località Anitrella. Il nuovo capitolo arriva dopo la sentenza di assoluzione pronunciata il 15 luglio 2022 dalla corte di assise di Cassino con la quale sono stati assolti i cinque imputati: il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, la moglie Annamaria ed il figlio Marco «per non aver commesso il fatto»; assoluzione «perché il fatto non sussiste» per il luogotenente Vincenzo Quatrale (concorso nell'omicidio) e l'appuntato Francesco Suprano
(favoreggiamento). 

Il rappresentante dell'accusa ha c hiesto la rinnovazione dibattimentale e sentire 44 persone, tra testimoni e consulenti, che sono ritenuti «indispensabili» per accertare la verità dei fatti.

"Non nascondo che c'è un pò di ansia che cresce sempre di più, siamo ottimisti e siamo sicuri che questa volta andrà tutto per il meglio».

Lo ha detto la figlia del brigadiere Santino Tuzi morto suicida nel 2018, Maria Tuzi, entrando nella città giudiziaria di Roma.Secondo Maria Tuzi i «giudici dell'appello si concentreranno su quelle prove su cui a Cassino hanno sorvolato». Il processo è iniziato e in aula, oltre a Maria Tuzi, sono presenti anche Consuelo e Antonio, rispettivamente sorella e zio di Serena Mollicone. Tra gli imputati è presente soltanto Francesco Suprano. A sostenere l'accusa della procura generale anche la pm di Cassino Beatrice Siravo.  

LO ZIO 

«Da 22 anni noi cerchiamo i responsabili di questo misfatto, l'omicidio di una bambina inerme, aspettiamo la verità». Lo ha detto Antonio Mollicone, lo zio di Serena. «Un mio amico diceva: la verità si può dire, paradossalmente perché la verità non solo qualcuno non la dice sembra quasi non si possa dire.
Io invito invece chi vuole dire la verità a dirla, fino in fondo», ha continuato. «Oggi è un giorno particolare - ha detto ancora - perché il 26 ottobre di tanti anni fa scomparve la madre di Serena».
«Sono in parte fiduciosa e spero che si cominci a sentire questagiustizia», ha aggiunto Consuelo Mollicone, sorella di Serena.

LE MOTIVAZIONI

Nelle motivazioni di primo grado la corte presieduta dal giudice Capurso ha ritenuto che nei confronti degli imputati ci «siano indizi, ma non prove».  La dichiarazione choc del brigadiere Santino Tuzi, morto suicida nel 2008, sull'ingresso della giovane in caserma il giorno del delitto è stata ritenuta «contraddittoria, incerta, confusa». Bollata come «frutto di suggestioni e ricostruzioni del medesimo effettuate al momento, alla luce degli elementi che gli venivano forniti». Al pari l'arma del delitto: la porta contro la quale la 18enne sarebbe stata sbattuta nel corso di un litigio con Marco Mottola, figlio dell'allora comandate della stazione dei carabinieri di Arce. «L'ipotesi dell'impatto con la porta non si ritiene dimostrata dalle consulenze merceologiche e genetiche», ha scritto la corte di primo grado.

L'ACCUSA

Il procuratore capo facente funzioni Beatrice Siravo ha ribadito che «la condotta dei Mottola (tutti concorrente sul piano materiale e morale) è stata, non solo assolutamente anti-doverosa ma anche caratterizzata da pervicacia e spietatezza nel nascondere quanto realmente accaduto».
E sul brigadiere Tuzi. ha scritto: «Le dichiarazioni di Tuzi sull'abbigliamento della ragazza (dice di non aver visto le scarpe) sono compatibili con la visuale offerta dal punto in cui era di piantone». Di conseguenza, conclude: «Il primo giugno Serena ha fatto ingresso in caserma, dove ha trovato la morte».  Ad appellare la sentenza anche le parti civili, tra esse l'Arma dei carabinieri che ha quantificato il danno d'immagine in 200 mila euro; Dario De Santis, Sandro Salera, Antony Iafrate, Federica Nardoni, in rappresentanza della famiglia Mollicone; rispettivamente dello zio Antonio, della sorella Consuelo e della zia Armida.

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