Omicidio Thomas, il clima pesante ad Alatri. Omar: «Mattia minacciò con la pistola chi non voleva spacciare»

Omar entra in aula al processo, alla sua sinistra Paolo Bricca, padre di Thomas
di Pierfederico Pernarella
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Domenica 3 Marzo 2024, 08:30

La Corte d'Assise di Frosinone per la terza volta nel giro degli ultimi sette anni - dopo i casi di Emanuele Morganti e Willy Monteiro Duarte - è tornata ad occuparsi giovane ucciso: Thomas Bricca. Ma per quest'ultimo, per la prima volta in provincia di Frosinone, un processo per omicidio si è aperto con la testimonianza di due minorenni, accompagnati in aula dalla rispettive mamme. Un particolare agghiacciante che apre uno squarcio anche sulla portata sociale e umana del delitto di Alatri. Il processo toccherà questi aspetti solo se utili all'accertamento della verità, ma intanto venerdì, nell'udienza che ha aperto il dibattimento, è toccato a due adolescenti- uno di 16 e l'altro di 17 anni - ricostruire per primi gli istanti dell'agguato avvenuto il 30 gennaio dello scorso anno. Entrambi quella sera si trovavano sulla scalinata di via Liberio quando nel piazzale sottostante è arrivato lo scooter T-Max con a bordo gli assassini. È stato uno di loro, Manuel, classe 2007, conosciuto dagli amici con il soprannome di Furetto, a chiamare il 112 subito dopo gli spari. Un 16enne che chiama i carabinieri e dice: «Correte, hanno sparato ad un mio amico». Una scena che in provincia di Frosinone non si era mai vista. L'amico, Thomas, aveva solo 19 anni.

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E venerdì in aula sono emersi altri particolari sul contesto giovanile di Alatri. La testimonianza più lunga è stata quella di Omar Haoudi, il giovane di origini marocchine che secondo l'accusa sarebbe stato il vero bersaglio degli spari dopo le risse avvenute nei giorni precedenti. Ma perché Omar e gli amici nordafricani si erano scontrati con il gruppo dei Toson? Omar ha ricondotto lo scontro a motivi di razzismo e lo ha ribadito anche quando il presidente della Corte d'Assise, il giudice Francesco Mancini, gli ha chiesto: «Ma dietro le risse non c'erano anche questioni legate allo spaccio di droga e a quelli che chiamate i "cavalli"?». Cioè chi trasporta la sostanza stupefacente, i corrieri.

LO SPACCIO

Eppure lo spaccio di droga, a fare da sottofondo all'omicidio, c'è eccome. Omar ha ammesso che spacciava anche lui: «Ma non sono quel capo come hanno scritto sui giornali», ha aggiunto. Così come ha riferito che a spacciare fosse anche Mattia Toson. «Si sentivano tipo i narcos, credevano di essere quelli di Peaky Blinders (la fortunata serie televisiva ambientata nei bassifondi di Birmingham dove due fratelli e loro banda cercano di affermarsi nel mondo della criminalità locale, ndr), si vestivano come loro, minacciavano chi non voleva spacciare per loro. Mattia una volta ha minacciato con la pistola un ragazzo tunisino che non voleva saperne della droga». Omar, su insistenza del pubblico ministero Rossella Ricca, ha anche fornito il nome della presunta vittima delle minacce. L'episodio è accaduto veramente? Con tutta probabilità sarà verificato nelle prossime udienze.
Pierfederico Pernarella
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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