I fratelli Dardenne e La Ragazza senza nome: «Il film non piace? E noi lo cambiamo»

I fratelli Dardenne e La Ragazza senza nome: «Il film non piace? E noi lo cambiamo»
di Gloria Satta
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Mercoledì 26 Ottobre 2016, 23:59 - Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 16:35

In Belgio, la loro patria, vengono chiamati semplicemente ”les frères”, i fratelli. In tutto il mondo il pubblico va a vedere i loro film a scatola chiusa, aspettandosi verità e qualità. E al Festival di Cannes sono tra i pochissimi registi vincitori di due Palme d’oro. Jean-Pierre e Luc Dardenne, due teste e un cuore cinematografico solo, tornano oggi in sala con il film La ragazza senza nome, interpretato da Adèle Haenel e distribuito da Bim. Protagonista è Jenny, giovane medico di base. Una sera bussa all’ambulatorio una extracomunitaria ma la dottoressa non le apre. E quando la sconosciuta verrà trovata morta poco dopo, Jenny in preda ai sensi di colpa cercherà di identificarla perché non sia sepolta in forma anonima.
A Roma, in una mattinata piovosa, i Dardenne raccontano come sempre all’unisono il loro cinema ”sociale” che, da Rosetta a Due giorni, una notte, ha sempre privilegiato le persone più umili e indifese. A Cannes La ragazza senza nome ha diviso la critica. E i due registi, dando prova di rara umiltà, hanno tagliato sette minuti.

Le reazioni della platea sono così importanti per voi?
«Pensavamo già di sforbiciare e quando sulla Croisette qualcuno ha notato che il film aveva qualche problema di ritmo, ci siamo rimessi alla moviola. Avevamo appena finito le riprese, non c’è stato il tempo di riflettere».

Com’è nata l’idea?
«Da anni avevamo in mente una dottoressa che per mestiere allontana la morte ma poi non soccorre una sconosciuta. Il film racconta il suo tentativo di riparare».

Il senso di responsabilità si va perdendo?
«Non amo essere profeta di sventura (parla Jean-Pierre, ndr) ma oggi ognuno è preoccupato di proteggere i propri interessi. La solidarietà perde colpi (lo aggiunge Luc, ndr) e quando Jenny chiede agli abitanti del paese di dire quello che hanno visto, si scontra con un muro di bugie: tutti hanno qualcosa da nascondere e temono di rimetterci».

I vostri film ruotano quasi sempre intorno a una figura femminile: certi valori sono più radicati nelle donne?
«Non abbiamo pensato nemmeno per un istante che un uomo potesse interpretare La ragazza senza nome. Sono le donne ad avere il polso della società».

Il tranquillo Belgio culla dei terroristi, come si spiega?
«Le racconto un aneddoto (parla Luc, ndr). In passato insegnavo in un doposcuola per ragazzi marocchini che nel week end venivano a casa. Un giorno uno studente si è rifiutato di stringere la mano a mia moglie: mi spiegò che glielo aveva ordinato l’imam. In Belgio si è lasciata la formazione della gioventù magrebina agli estremisti. Per le famiglie era meglio la religione della droga, le autorità hanno chiuso gli occhi. E la radicalizzazione ha preso piede».
Una curiosità: ognuno di voi custodice una Palma d’oro?
«No, si trovano entrambe nel nostro ufficio. Chiuse in un armadio, però: mica vogliamo fare gli sbruffoni».

 
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