Primo. Questo maledetto imbroglio è stato reso possibile dall’uso spregiudicato delle intercettazioni, dall’arbitrio con il quale si iniziano le indagini e dall’esistenza di reati evanescenti - come l’abuso di ufficio e il traffico di influenze - che possono facilmente esser attribuiti a chiunque si abbia interesse a delegittimare. Se veramente si voleva colpire Tiziano Renzi – e con lui il più illustre figlio – è stato un gioco da ragazzi ascoltarne migliaia di conversazioni, estrapolarne frasi di significato incerto, costruirvi sopra un’ipotesi di reato, e alla fine passare tutto ai giornali.
Qualsiasi cittadino è vulnerabile davanti a questa micidiale combinazione di perversioni, che sta diventando quasi grottesca. Ancor più grottesco è che la politica non si sia accorta che in tal modo essa è diventata un giocattolo alla mercè della magistratura, o almeno di quella più esaltata. Il ministro Orlando procede cautamente sulla strada della riforma, e già retrocede intimidito davanti alle prime reazioni. Riflettano tutti che domani può capitare anche a loro.
Terzo. Se si dimostrasse che questi atti di indagine - con le allegate intercettazioni - sono stati manipolati o alterati per attribuire a Tiziano Renzi un reato, si andrebbe ben oltre i reati di diffamazione e falso per i quali – già ora – si sta procedendo. Ci troveremmo davanti all’ipotesi di calunnia reale pluriaggravata, e sarebbe, per quanto ci ricordiamo, il primo caso nella nostra storia giudiziaria di un concorso tra toghe e divise per compromettere una personalità politica. Nessuno dubita che si tratterebbe di un caso episodico e isolato. Ma proprio per questo le Autorità di controllo devono procedere con efficienza e rapidità, quantomeno per rassicurare un’opinione pubblica a dir poco sconcertata.
Tutti i tentativi di limitare l’insindacabile arbitrio di qualche euforico Pm - magari ispirato da segrete ambizioni elettorali - si sono infranti davanti all’alibi , facilmente contestabile, che queste riforme avrebbero compromesso l’efficienza delle indagini, favorito la criminalità mafiosa, e vulnerato l’indipendenza della magistratura. Ora si vedono i frutti di questa inerzia rassegnata. Frutti amari per chi li assapora, e purtroppo avvelenati per la nostra claudicante democrazia.
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