Rieti, scoprono le galline durante il lockdown: ora vivono vendendo le loro uova

Alessandra Gentile, Caterina Paolucci e Luisella Gentile
di Sabrina Vecchi
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Venerdì 19 Aprile 2024, 00:10

RIETI - Chi ha fatto il pane, chi la pizza, chi il giardino. Chi ha scritto un libro, rispolverato vecchie passioni o messo in ordine gli armadi. Ciascuno ha gestito a suo modo il tempo del lockdown causato dalla pandemia, ma Alessandra Gentile, Caterina Paolucci e Luisella Gentile ne hanno certamente trovato uno molto originale: condividere la loro passione per le galline. «Non sapevamo cosa inventarci, sia per stare all’aria aperta che tra noi, ci ha incuriosite questo animale, così abbiamo iniziato a spulciare sui social, a scambiarci pareri con chi le alleva». 
Su un pezzo di terra della frazione Ville Grotti che le aveva lasciato nonno Bernardino, Alessandra e le sue due amiche iniziano così a far razzolare gallinelle, e il terreno viene chiamato “Binorto”, in ricordo di nonno Bernardino, chiamato dai nipoti Bino. All’inizio è tutto molto semplice e familiare, sono i conoscenti a chiedere qualche uovo, il resto lo fa il passaparola. Dieci, cinquanta, ottanta, ed entro il prossimo agosto le galline saranno duecento: «Saremo a pieno regime per la composizione della nostra azienda agricola, costituita proprio un anno fa. Siamo molto piccoli ma è una cosa che ci appassiona, un progetto che ci rende orgogliose».

L'organizzazione. Ma anche affaticate, tanto che l’impegno comporta il dover conciliare i tre rispettivi ed impegnativi lavori “ufficiali”, una è parrucchiera, una fa le pulizie e l’ultima è impiegata: «È stancante, ma non così tanto, ci siamo organizzate bene. All’inizio i nostri familiari ci prendevano in giro, ora ci sostengono, si informano sulla produzione, ci danno una mano». Alessandra, Caterina e Luisella sono vere e proprie macchine da guerra in quanto a tempi e modalità delle loro giornate: c’è chi apre le galline, chi si occupa della raccolta del mattino, chi le controlla, chi va nel pomeriggio, chi confeziona e timbra: «Abbiamo dei compiti precisi e finiamo più o meno alle 10 di sera. Durante la giornata possiamo controllarle anche con le telecamere, nel caso di pericolo oppure di ospiti sgraditi». 
Anche per la consegna a domicilio, che avviene rigorosamente entro 48 ore dalla deposizione, la gestione è del tutto autonoma: «Alcuni le vengono a prendere, ma il grosso lo facciamo noi.

Come primissimo investimento abbiamo comprato una macchina per il trasporto, una Panda ribattezzata “Pand’Ovo”. Per ora riusciamo a fare tutto, coltivando il sogno che questa attività diventi un sostentamento dopo la pensione. I costi sono alti, ma ci siamo date l’eccellenza come primo principio». Le galline del Binorto sono di razza isa brown o livornese, scorrazzano libere in modalità “free range” e mangiano granturco ed ortaggi prodotti solo qualche metro più in là: «Abbiamo aggiunto un altro piccolo terreno destinato al granturco per il loro nutrimento, si cibano di cose totalmente naturali, ora abbiamo iniziato a piantare anche altre verdure. Una di noi tre in passato ha avuto un problema oncologico, anche per questo ci siamo date la regola che nulla sia in nessun modo contaminato artificialmente, siamo convinte che siamo ciò che mangiamo».

La decisione. Una scelta che comporta anche scelte apparentemente improduttive: «Teniamo le nostre galline fino a fine vita. Hanno un numero di uova annuali che con il tempo si abbassa, ma non le diamo via: sono docili ed estremamente intelligenti, animali d’affezione che rimangono sempre con noi». Rosse, bianche, nere, blu e grigie, con un ciclo di vita regolato dalle loro esigenze. E uova sempre più richieste: «Ciò che rende di un colore intenso il tuorlo è proprio il granturco autoprodotto, oltre al pascolo giornaliero. Le uova delle isa brown sono adatte soprattutto per la pasta, le bianche delle livornesi più per la pasticceria». Per il sogno di Alessandra, Caterina e Luisella, l’indispensabile è stato soprattutto un ingrediente introvabile sul mercato, l’amicizia: «Forse siamo state folli, ostinate e “difettate”. Ma siamo donne che hanno iniziato a credere nelle proprie capacità. E soprattutto lo hanno fatto insieme». 

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