Atac, il piano M5S: azienda divisa in tre per evitare il default

Atac, il piano M5S: azienda divisa in tre per evitare il default
di Lorenzo De Cicco
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Mercoledì 2 Agosto 2017, 11:27 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 22:06
Smembrare Atac, la più grande partecipata del trasporto pubblico d'Italia, per evitare il tribunale fallimentare. Creando una holding in cui confluisca l'Agenzia della Mobilità, che si occuperebbe di bigliettazione e parcheggi, una nuova società che gestisca la metropolitana e un'altra azienda ancora che si occupi di bus e tram, anche se a quel punto alcune linee potrebbero essere messe a gara tramite bando, come già avviene per i collegamenti in periferia. È questo il piano segreto, da settimane sulla scrivania dell'assessore alla Mobilità, Linda Meleo, che il M5S vorrebbe mettere in atto per scongiurare il ricorso al concordato preventivo.

COME ALITALIA?
L'ipotesi del concordato è sostenuta dalla Casaleggio, dal suo uomo a Roma, l'assessore alle Partecipate, Massimo Colomban, e due giorni fa è stata caldeggiata anche dal vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio. Convinto che «Atac sia come Alitalia» e che quindi le alternative siano due: o vendere tutto ai privati, modello «capitani coraggiosi» - «ma non è questa la nostra via», ha detto Di Maio - oppure il concordato preventivo, «tagliando gli sprechi e puntando sull'efficienza». Questo aveva messo nero su bianco nella bozza di piano industriale anche l'ex direttore generale, Bruno Rota. Ma quella strategia, spedita a fine giugno alla sindaca Virginia Raggi, è rimasta incagliata nelle secche di Palazzo Senatorio. E ora toccherà al nuovo presidente e amministratore delegato, Paolo Simioni, sbrogliare la matassa. L'ad ieri pomeriggio è arrivato in Campidoglio per incontrare la sindaca Virginia Raggi, prima della riunione di giunta convocata per il caso Mazzillo. Ma non ha voluto rilasciare dichiarazioni sul concordato.

Di certo c'è che da settimane una fetta consistente del M5S romano è in pressing sulla sindaca per evitare la procedura fallimentare. Il ricorso al tribunale non convince in pieno il presidente della Commissione Mobilità, Enrico Stefano, così come il presidente dell'Assemblea Capitolina, Marcello De Vito, e diversi consiglieri. Anche l'assessore al Bilancio, Mazzillo, si era detto contrario.

RITORNO AL PASSATO
Ecco perché a Palazzo Senatorio è pronto il piano B. Che in realtà è un ritorno al passato, all'assetto dei trasporti pubblici romani prima della maxi-fusione che ha dato vita all'Atac come è oggi, avvenuta a gennaio del 2010, quando è stata costituito un colosso da quasi 12mila dipendenti, 5.500 autisti, 500 conducenti della metropolitana, 1.200 tra impiegati e quadri amministrativi. Una municipalizzata con un debito monstre gravitato a quota 1,3 miliardi di euro, che oggi mette l'azienda in crisi di liquidità tanto che, come ha denunciato l'ex diggì Rota, ad agosto potrebbe essere impossibile pagare gli stipendi.

TRIPARTIZIONE
A questo punto la strategia dei grillini romani prevede la costituzione di una holding dei trasporti. In questo gruppo, una società si occuperebbe di gestire le tre linee della metropolitana e le ferrovie urbane concesse; l'Agenzia Roma per la Mobilità invece rileverebbe i parcheggi di scambio e la bigliettazione; un'altra azienda ancora si occuperebbe di bus e tram. Il passo successivo potrebbe essere la messa a gara di ulteriori linee bus, come sta avvenendo per il bando delle linee periferiche, dato che verrà rimpiazzato il consorzio Roma Tpl che le ha gestite finora. Resta da capire che fine farebbe il gigantesco debito accumulato dall'Atac. Se verrà affidato a una bad company o se verrà frazionato tra le varie società del nuovo gruppo.

lorenzo.decicco@ilmessaggero.it

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