Campidoglio sotto inchiesta, indagato un dirigente su tre

Campidoglio sotto inchiesta, indagato un dirigente su tre
di Michela Allegri e Mauro Evangelisti
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Giovedì 20 Luglio 2017, 08:44 - Ultimo aggiornamento: 21 Luglio, 00:18

ROMA Se entrate nel Comune di Roma e incontrate tre dirigenti almeno uno è indagato. Anzi, la percentuale è perfino più preoccupante, visto che sono 70 su un totale di 190. Una statistica di questo tipo appare già allarmante in una qualsiasi istituzione, ma lo diventa ancora di più se parliamo della città travolta dalla più importante inchiesta sul malaffare, Mafia Capitale, che proprio oggi arriverà a sentenza. Il Campidoglio, dopo una ispezione disposta dalla Prefettura, fu a un passo del commissariamento che poi, per ragioni di opportunità visto che stiamo parlando della Capitale, si preferì evitare. Oggi, però, la macchina amministrativa è ancora in affanno: certo, chi occupa un posto da dirigente è sempre a rischio e nei settanta magari c'è chi si trova indagato per una banalità come l'autorizzazione di un gazebo, o chi magari ha fatto semplicemente il proprio dovere e poi è stato denunciato dall'imprenditore che ha ricevuto un rifiuto. Ma nella montagna delle indagini ci sono anche ipotesi molto più gravi come la concussione. I dirigenti (o i funzionari) citati nell'inchiesta di Mafia Capitale sono ovviamente un numero molto più basso dei 70 citati dalla statistica, ma l'aumento dei controlli causati proprio da quell'indagine hanno fatto sì che si moltiplicassero gli avvisi di garanzia. In sintesi: i maggiori controlli interni e l'attenzione rafforzata dalla procura ha causato indagini sul 37 per cento dei dirigenti. E di recente ci sono stati altri dieci avvisi di garanzia, anche se per fatti del passato corrono a precisare dal Campidoglio. Il giudice Alfonso Sabella, dopo lo tsunami dell'inchiesta, ha ricoperto il ruolo di assessore alla Legalità con la giunta Marino. Ricorda: «Premesso sempre che essere indagati non significa essere colpevoli, ciò che ricordo della mia esperienza al Comune di Roma è che, a parte alcune eccezioni, molti dirigenti sono inadeguati, impreparati. Nel mio libro Capitale infetta racconto la storia di un appalto del settore Ambiente dove un funzionario ha potuto agire indisturbato proprio a causa dell'impreparazione del dirigente».

L'INTRECCIO
Mafia Capitale resta il caso da manuale dell'intreccio tra politica capitolina e criminalità spicciola. Ma mazzette, favori e regali sono al centro anche di altre storie di ordinaria corruzione. Come l'inchiesta che riguarda l'assegnazione di appalti relativi ad alcuni campi nomadi, con commesse pilotate in cambio di soldi, biglietti per il teatro, gioielli e persino l'acquisto di un escavatore. Un tornaconto che funzionari e dirigenti del Campidoglio, finiti in manette lo scorso anno, avrebbero ricevuto dagli imprenditori delle coop che puntavano ad aggiudicarsi i lavori per la bonifica di alcuni accampamenti. Addirittura, gli investigatori avevano registrato passaggi di denaro all'interno degli uffici capitolini, nel dipartimento politiche sociali. C'è poi il caso dell'Ufficio Condoni, tornato recentemente alla ribalta con l'iscrizione sul registro degli indagati di 20 persone, tra privati e 4 pubblici ufficiali. I funzionari avrebbero accettato bustarelle per pilotare pratiche di condono edilizio e ora sono accusati di corruzione, falso e abuso d'ufficio. Si passa poi ad una delle indagini più calde: quella sulle buche stradali rattoppate alla meno peggio da società addette alla manutenzione delle vie, grazie alla complicità di funzionari capitolini. Quattro di loro sono già stati condannati e ora sono finiti anche nel mirino della Corte dei conti. L'ultimo caso, solo in ordine di tempo, risale a ieri: un ex dirigente è finito in manette per appalti truccati per la manutenzione del verde. Nell'inchiesta, insieme a lui, sono indagati altri 12 alti dipendenti pubblici.

 
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