Raggi, Alfonso Bonafede: «Così i giornali in campagna elettorale non titoleranno "Virginia a processo"»

Raggi, Alfonso Bonafede: «Così i giornali in campagna elettorale non titoleranno "Virginia a processo"»
di Simone Canettieri
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Giovedì 4 Gennaio 2018, 08:31 - Ultimo aggiornamento: 5 Gennaio, 07:54
Alfonso Bonafede, deputato M5S nonché luogotenente di Luigi Di Maio in Campidoglio. La mossa della sindaca è una scorciatoia allungatoia per non disturbare la vostra campagna elettorale?
«E perché mai? Del processo se ne sarebbe parlato lo stesso».

Quanto è stata partecipata questa decisione?
«In che senso?»

Ha influito di più l'esigenza processuale della sindaca o quella del M5S in vista delle urne?
«Raggi ci ha comunicato questa decisione e noi la rispettiamo».

E vi piace?
«Ci sembra giusta, diciamo».

Raggi ha fatto un favore al M5S: il processo, molto probabilmente, inizierà dopo le elezioni. Avete tolto una freccia dall'arco dei vostri avversari?
«Per me non era un argomento per gli avversari, il processo di Virginia. Che tra l'altro sarebbe iniziato comunque dopo il 4 marzo»

Certo, ma il 9 gennaio ci sarebbe stata l'udienza preliminare con un esito abbastanza scontato. Così facendo il M5S ha evitato l'effetto Raggi rinviata a giudizio, Raggi a processo. O no?
«La valutazione che è stata fatta è chiara».

Ovvero?
«La sindaca pensa di andare direttamente a giudizio, lei è molto fiduciosa, sa non di non aver nulla da temere».

E quindi?
«Avrà pensato: tanto vale andare a dibattimento direttamente».

Dunque, la strategia processuale e l'opportunità politica si sono incontrate e sposate alla perfezione?
«Forse questo dispiacerà molto ai giornalisti».

A proposito: in caso di condanna Raggi, si dovrà dimettere?
«Si atterrà al codice etico, come ha sempre detto».

Quindi?
«Vale quanto scritto sul codice etico»

Bonafede, lo confessi: grazie alla scelta di Raggi ora avete un peso in meno per la campagna elettorale?
«Beh, diciamo che i giornali hanno un po' di amaro in bocca in più».

Ma no, facciamo un esempio: lei ha evitato che nei prossimi mesi in qualsiasi talk-show le rinfacciassero il caso Roma e la Raggi rinviata a giudizio. Vuole sostenere il contrario?
«Non penso che sia così».

E com'è?
«Su questo tipo di decisioni, mi riferisco alla volontà di accedere al rito immediato da parte della sindaca, l'aspetto talk è accessorio. La sua scelta si inserisce in una strategia difensiva chiara e molto più ampia».

Di cui usufruirete anche voi.
«Se c'è un riflesso mediatico favorevole? Ci può anche stare».

Ah, lo ha ammesso.
«Eh, sì. Molti giornali non vedevano l'ora di arrivare al 9 gennaio con il titolone sparato: Raggi a processo, dando l'impressione agli italiani di essere già arrivati a una condanna».

Invece non sarà così?
«Ecco perché parlavo di amaro in bocca per la stampa».

Ma a questo punto l'assessore al Commercio Adriano Meloni - testimone chiave ma pronto a uscire dalla giunta - quando se ne andrà?
«Non lo so. La situazione è quella nota a tutti da sempre».

Secondo i vecchi accordi Meloni se ne sarebbe dovuto andare a fine mese. E ora?
«E' vero, c'è una decisione consensuale. Ma è una situazione incerta, occorre trovare il successore dell'assessore».

Ma la scelta incide con l'iter giudiziario della sindaca?
«La separazione tra Meloni e Raggi sarà appunto consensuale. L'idea è quella di andare avanti fino a quando non sarà trovato chi prenderà il suo posto».

Quindi Meloni per il momento rimane in quanto testimone chiave?
«Per ora c'è ancora una novità, vedremo a fine mese».

 
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