Antibiotici, l'intelligenza artificiale alleata per vincere la resistenza dei batteri agli attuali farmaci

I ricercatori della McMaster e del Mit hanno individuato grazie a un algoritmo un nuovo composto chiamato Abaucina

Antibiotici, l'intelligenza artificiale alleata per vincere la resistenza dei batteri agli attuali farmaci
di Antonio Caperna
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Giovedì 15 Giugno 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 07:41

L'intelligenza artificiale (AI) entra da protagonista anche in laboratorio per affrontare uno dei problemi principali di sanità pubblica: scoprire nuovi antibiotici e frenare la resistenza dei batteri ai farmaci attuali.

La novità arriva dagli USA, dove gli scienziati della McMaster University e del Massachusetts Institute of Technology MIT di Boston sono ricorsi all’intelligenza artificiale per scoprire un antibiotico, che potrebbe essere usato per combattere un patogeno mortale e resistente alle cure. Che colpisce prevalentemente pazienti ospedalieri vulnerabili. I ricercatori hanno risposto all’urgente necessità di nuovi farmaci per il trattamento dell’Acinetobacter baumannii, identificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come uno dei batteri resistenti agli antibiotici più pericolosi al mondo. Notoriamente difficile da eradicare, l’A. baumannii può causare polmonite, meningite e infettare le ferite, tutti fattori che possono portare alla morte. Si trova di solito in ambienti ospedalieri, dove può sopravvivere sulle superfici per lunghi periodi.

IL PROCESSO

Il batterio è in grado di raccogliere il Dna di altre specie di batteri presenti nel suo ambiente, compresi i geni con resistenza agli antibiotici. Il processo utilizzato dai ricercatori americani potrebbe anche accelerare la scoperta di altri antibiotici per trattare molti altri batteri pericolosi. Nello studio, pubblicato sulla rivista Nature Chemical Biology, i ricercatori riferiscono di aver utilizzato un algoritmo di intelligenza artificiale per prevedere nuove classi strutturali di molecole antibatteriche e di aver identificato un nuovo composto antibatterico, che hanno chiamato “Abaucina”. Scoprire nuovi antibiotici contro l’A.baumannii attraverso uno screening convenzionale è stata una sfida. I metodi tradizionali sono lunghi, costosi e di portata limitata. I moderni approcci algoritmici possono accedere a centinaia di milioni, forse miliardi, di molecole con proprietà antibatteriche.

«L’Intelligenza artificiale accelera il processo di scoperta di nuovi antibiotici, perché rende facilmente accessibile la conoscenza sui patogeni alla base delle infezioni», commenta la dottoressa Cinzia Ambrosi, uno dei nostri “cervelli in fuga” negli Stati Uniti, con una laurea in Scienze Naturali con indirizzo Biotecnologico, alla Sapienza di Roma. Da circa vent’anni Ambrosi è ricercatrice a San Diego in California, con competenze in microbiologia e oncologia, e con lunga esperienza nello studio della struttura di proteine a livello microscopico, strutturale e funzionale, nonché di test biochimici per la scoperta di nuovi farmaci. «Fino ad oggi è stato necessario un grande lavoro di squadra che coinvolge il cristallografo, il biochimico, il microbiologo ed il ricercatore che realizza lo screening e si intende della interpretazione dati - prosegue Ambrosi - per testare poi tutto sul batterio o sulla cellula d’interesse.

Un lavoro che richiede anni di ricerca, test e tentativi. Con l’intelligenza artificiale, invece che essere sostituite, le risorse umane potranno dedicarsi ad altri studi che richiedono maggiore creatività e intervento umano, come la parte finale del processo di scoperta di nuovi farmaci. Così come in altri campi, l’utilizzo di AI non farà che rendere più semplice e veloce la scoperta di nuove cure, ampliando gli orizzonti della medicina moderna, soprattutto per cure che impiegheranno rimedi biologici».

Qualcosa di simile è stato già tentato con screening virtuali di composti che possano inibire o attivare (a seconda dei casi e delle malattie) la funzione di specifiche proteine, delle quali è stata decifrata la struttura tramite lo studio della loro forma cristallizzata (o congelata per crio-microscopia). Tuttavia a livello cellulare, le proteine si trovano in uno stato semi fluido e a causa dell’interazione tra proteine o delle particolari strutture che le varie sequenze amminoacidiche assumono all’interno della cellula - sottolinea Ambrosi - le cose cambiano e si complicano, facendo saltare le nostre ipotesi. Mediante l’intelligenza artificiale, possiamo approfondire i nostri studi, testando più ipotesi e accelerando le nostre conclusioni». Il professor Jonathan Stokes, docente presso il Dipartimento di Biomedicina e Biochimica della McMaster e autore principale dell’articolo, che ha condotto lo studio con James J. Collins, professore di Ingegneria e Scienza Medica al MIT evidenzia che «questo lavoro convalida i vantaggi dell’apprendimento automatico nella ricerca di nuovi antibiotici. Utilizzando l’AI, possiamo esplorare rapidamente vaste regioni dello spazio chimico, aumentando significativamente le possibilità di scoprire molecole antibatteriche fondamentalmente nuove». Per Collins, che ricopre anche il ruolo di responsabile della facoltà di Scienze della Vita presso la Clinica Abdul Latif Jameel del MIT per l’apprendimento automatico nella salute va cauto: «gli approcci dell’intelligenza artificiale per la scoperta di farmaci sono destinati a rimanere e continueranno a essere perfezionati. Sappiamo che i modelli algoritmici funzionano, ora si tratta di adottare ampiamente questi metodi per scoprire nuovi antibiotici in modo più efficiente e meno costoso».

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