"Napoli Ottocento": alle Scuderie del Quirinale 250 opere sull'Ottocento napoletano

Da Morelli a Mancini, da Turner a Degas: la mostra visitabile fino al 16 giugno costruisce un vasto percorso per raccontare l'arte del secolo più importante per l'Italia moderna

(Galatina, 1836 Napoli, 1891) La pioggia di cenere del Vesuvio, 1880, olio su tela, Firenze, Gallerie degli Uffizi, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti. Su gentile concessione del Ministero della Cultura - Gallerie degli Uffizi
di Matilde Rossi
3 Minuti di Lettura
Martedì 26 Marzo 2024, 20:36 - Ultimo aggiornamento: 27 Marzo, 13:56

«L'Italia merita il suo Museo d'Orsay»: queste le parole di Sylvain Bellenger, curatore della mostra "Napoli Ottocento", presentata oggi alle Scuderie del Quirinale. Sin dal titolo infatti si intuisce l'obiettivo dell'esposizione visitabile fino al 16 giugno: riscoprire e raccontare l'Ottocento napoletano nella sua totalità. «Senza l'Ottocento l'Italia non esisterebbe, e l'Ottocento più vivo è quello napoletano», continua Bellenger. Ed è proprio questa vitalità che si vuole trasmettere con le 250 opere in mostra, da Morelli a Mancini, da Turner a Degas.

Se il Novecento è passato alla storia come "il secolo breve", quello che lo precede è considerato il secolo più lungo: l'Ottocento prende infatti le mosse dalla cultura illuminista di fine Settecento e si estende fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Un periodo vasto ripercorso alle Scuderie del Quirinale a partire da un concetto filosofico di fine 700: il sublime.

"Dal sublime alla materia" è infatti il sottotitolo della mostra, che inizia con il Vesuvio: il rumore del vulcano accompagna lo spettatore per la prima parte della visita, grazie a un'istallazione multimediale di Gargiulo che contribuisce a creare un'esperienza immersiva, regalando una colonna sonora alle opere di quegli artisti che dal Vesuvio furono così attratti. Il vulcano era una manifestazione perfetta del "sublime" descritto da Kant, nonché una tappa obbligata dei Grand tour.

E a proposito di Grand tour, è possibile vedere anche un dipinto appartenuto alla collezione di Goethe: "Eruzione del Vesuvio nel 1774", di Jacob Philipp Hackert.

Sin da subito è uno sguardo molto europeo quello che emerge dalla mostra, dove la città campana è raccontata come una vera e propria scuola cosmopolita. D'altronde «gli artisti a Napoli erano dappertutto» spiega Bellenger, attratti soprattutto da Pompei, portata alla luce dagli scavi del 1748. E infatti la mostra dedica tre sezioni alla tematica dell'immaginario neo-pompeiano.

Un altro focus significativo è quello su Edgar Degas: di origini napoletane da parte paterna, l'artista francese è considerato in questa mostra dal punto di vista della sua familiarità con l’ambiente campano. Si ipotizza addirittura che questo rapporto con Napoli possa essere un tassello di lettura in più per capire la differenza che intercorre tra il pittore e la scuola francese: Degas ha sempre rivendicato la sua appartenenza al movimento realista rifiutando l’etichetta di impressionista e proprio a Napoli poté arricchire di un senso nuovo la sua particolare formula.

La mostra alle Scuderie del Quirinale si profila insomma come un viaggio a Napoli ma anche come un viaggio nel tempo. Soprattutto è un'occasione per scoprire in che modo diversi artisti, da diverse parti d'Europa, vedevano Napoli e ne interpretavano la luce e le bellezze. In attesa di un Museo d'Orsay tutto italiano, è un'ottima alternativa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA