Mourinho, prove di addio alla Roma: il silenzio di Friedkin (e José si ritrova sempre più solo)

Secondo la proprietà, il malumore dipende dai risultati e dai troppi infortuni

Mourinho, prove di addio alla Roma: il silenzio di Friedkin (e José si ritrova sempre più solo)
di Stefano Carina
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Venerdì 5 Maggio 2023, 07:35 - Ultimo aggiornamento: 6 Maggio, 08:45

Ai tempi di Viola, parlava Viola. Nell'era Sensi ci pensava in prima persona Sensi. Poi toccò a Zeman. Quando arrivò Pallotta, che iniziò le manovre di avvicinamento alla Juventus in Lega e provò ad attenuare quanto accaduto in Juve-Roma 3-2 del 2014, scese in campo Totti. Ora è il turno di Mourinho. Solo, più che mai. Attaccato dai più (ultimo della serie Ulivieri, presidente dell'Assoallenatori), sopportato da molti, supportato da pochi. Anzi, a livello mediatico da nessuno in società. E José, l'altra sera, in uno dei suoi celebri post-gara, non l'ha nascosto: «Il mio club non ha la forza per dire questo arbitro non lo voglio. La Roma non solo non il dna per fare certe cose. A volte sembra non avere nemmeno la voglia di avere forza. Allora lo faccio io. Per favore signor Rocchi, questo qui basta». Al di là della volontà di spostare l'attenzione sulla quale si potrà dibattere sino all'infinito, l'affondo nei confronti della proprietà e della dirigenza è di quelli che fa rumore. In primis perché non è la prima volta. Era già accaduto nel post-Atalanta quando il portoghese aveva rimarcato come «non siamo poderosi né individualmente né come struttura di club per mettere pressione come ho visto fare ieri senza nessun tipo di conseguenze». Senza contare poi le stilettate sulla rosa inadeguata, ribadite anche mercoledì sera, oltre alla richiesta di un incontro perché altrimenti «a giugno è tardi e parlo io».

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Tasselli di un puzzle che sullo sfondo celano un malcontento. Mitigato a volte da un risultato che può essere la vittoria con la Juve in campionato o il raggiungimento della semifinale di Europa League. Ma rimane lì, che cova, con lo Special che ormai non fa nulla per nasconderlo: «La stanchezza è ai limiti, sarò vicino ai ragazzi sino all'ultimo minuto di questa stagione». Il seguito vien da sé: e poi?
MURO DI GOMMA
Ok, il punto di vista di José è chiaro. Meno quello del club. Da tempo la Roma ha adottato a livello ufficiale una linea silente. Ufficiosamente, invece, qualcosa trapela. Ed in primis che l'uscita di Mou va annoverata come un punto di vista dell'allenatore. Legittimo, per carità, ma personale e figlio del momento e dei risultati. Del resto - si fa notare - soltanto due settimane fa, lo stesso tecnico aveva sottolineato come il rapporto con proprietà e dirigenza fosse ottimo. Non c'è quindi stupore all'indomani di questo nuovo j'accuse che viene interpretato come una volontà di puntare il dito sull'atteggiamento degli altri club. Il tutto, secondo Trigoria, rientra nel gioco delle parti.

Allineati, dunque. Fino a quando? Di certo la mancata risposta alla volontà di mettersi seduti a tavolino per programmare la prossima stagione continua ad essere un tarlo fastidioso. Il motivo è semplice: per Mourinho, a 60 anni, è un inedito. Mai in carriera gli era capitato che ad una sua volontà non ricevesse pronta risposta. Figuriamoci se espressa pubblicamente.

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È accaduto con Moratti, Florentino Perez, Abramovic e andando più indietro nel tempo con Pinto da Costa. I Friedkin però sono diversi. Per loro fa fede l'accordo sino al 2024. Non si fanno condizionare e non intervengono fino a quando non ritengono che sia il momento. Un esempio chiarificatore: quando ci fu la possibilità di allenare il Portogallo a dicembre, la proprietà disse no al doppio incarico ma si mostrò possibilista a fronte di un addio anticipato. Il tutto per un gentleman-agreement fra le parti. Fu José a dire di no. Ora il problema potrebbe riproporsi a giugno. Qualcosa inizia a muoversi sul fronte Psg ma c'è chi pensa che senza la finale di Champions anche a Madrid i giochi potrebbero riaprirsi. Detto questo, lo Special ha un altro anno di contratto. Ma per restare bisogna essere contenti in due. E non solo a parole.
 

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