Galileo, «Fondi non dovuti»
le istituzioni vanno salvaguardate

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Mercoledì 2 Luglio 2014, 13:54 - Ultimo aggiornamento: 13:55
TERNI - La comunit umbra in questi giorni stata particolarmente colpita dalla vicenda di Radio Galileo, storica emittente ternana che negli ultimi anni sembra - stando alla contestazione della Corte dei Conti - abbia ricevuto contributi pubblici per circa 4 milioni di euro, quale organo ufficiale di un gruppo parlamentare. In una fase di spending rewiew, in cui ognuno di noi si pone la domanda dove l’Italia ha messo 2 mila miliardi di euro di debito pubblico, è evidente la delicatezza del problema.



La vicenda crea imbarazzo sotto una molteplicità di profili. Il primo fra tutti è quello di capire a cosa sono serviti 4 milioni di euro pubblici per una emittente radiofonica su base locale e soprattutto perché le casse dello Stato devono supportare una radio, a tutti nota per essere un’emittente generalista che trasmette essenzialmente musica che dovrebbe vivere solo di pubblicità come tutte le altre radio. I tre Parlamentari che, con le proprie dichiarazioni, hanno consentito questa operazione, a mio avviso, non hanno chiarito prima sul piano generale e poi sul piano economico il perché di questa ingente somma a favore dell’emittente.



E’ possibile immaginare la rabbia e l’amarezza di tutti gli altri editori di emittenti radiofoniche che quotidianamente sul mercato cercano di fare andare avanti le proprie aziende. Vi è infatti un problema a monte di concorrenza che, in attesa di sapere gli sviluppi nella sede appropriata, appare essere sleale, in quanto una emittente che può godere di così importanti contributi pubblici, ovviamente nel determinare le condizioni economiche della raccolta pubblicitaria può avere ampi margini di ribasso, rispetto a chi invece deve nel rapporto costi-ricavi, garantire l’equilibrio economico con prezzi di pubblicità adeguati.



Ma la cosa che più ha sorpreso della vicenda, è che, nel giustificare - come giusto che sia - la legittimità del proprio operato, ame pare che i tre parlamentari in questione abbiano però sostanzialmente contestato alla Corte dei Conti e alla Guardia di Finanza una ignoranza di fondo nella materia specifica dei contributi dati agli organi ufficiali dei gruppi parlamentari. Per anni abbiamosentito che occorre difendersi nel processo e non dai processi e francamente un’impostazione di tal genere lascia sorpresi. La Guardia di Finanza e per essa a monte la Procura della Corte dei Conti, come è noto, hanno la funzione preminente di tutelare l’erario pubblico, ossia quel denaro che frutto delle vituperate tasse, consente alla macchina pubblica di funzionare e di erogare servizi.



Francamente l’idea che una radio locale solo negli ultimi anni, e quindi non si sa bene per gli anni scorsi, ha incassato 4 milioni di euro, costituisce un fondato motivo per aprire un’inchiesta e approfondire la legittimità omeno dell’operato di chi ha agito.



Tant’è che la procedura è abbastanza complessa e presuppone che le persone sospettate di aver arrecato danno all’erario pubblico, possano presentare delle proprie deduzioni e solo all’esito la Procura della Corte dei Conti valuterà se citare a giudizio o meno le persone sottoposte ad accertamento. In questa fase, che è quella poi istruttoria, più che attaccare la Corte dei Conti e la Guardia di Finanza, che altro non fanno che il proprio dovere, forse sarebbe più logico, corretto e doveroso spiegare sul piano giuridico la legittimità di tal erogazione e sul piano morale le ragioni che, in un periodo di profonda crisi, hanno reso indispensabile detta erogazione.



Radio Galileo la ascoltiamo tutti, almeno occasionalmente, e si presenta come una emittente radiofonica musicale, con quel po’ di informazione che la legge impone e non sembra si presenti invece come un organo di un gruppo politico. Può essere che da ascoltatore distratto la funzione pubblicistica informativa di organo politico sia sfuggita, ma se così è, allora la migliore linea difensiva delle persone coinvolte è quella di dimostrare, programmi alla mano, l’attività politica svolta dall’emittente unitamente alla giustificazione contabile di tali ingenti somme ricevute, rispetto alla attività istituzionale svolta. Certamente non è attaccando le Istituzioni e gli organi giurisdizionali che si risolvono i problemi e si chiariscono le questioni. L’opinione pubblica aspetta risposte cristalline, univoche e concordanti. Ove non dovessero arrivare, allora non ci resta che rimetterci all’Autorità Giudiziaria che possa far luce sull’ennesima vicenda che crea diffidenza nei confronti degli organi politici e amarezza, rischiando di avvalorare la tesi che nel nostro Paese vi possano essere figli e figliastri.



Giuseppe Caforio

Università di Perugia