TERNI - «Un dolore insopportabile, una ferita che non si rimarginerà mai. Per la prima volta ci siamo riuniti per la messa sopra a quello che è rimasto dell’albergo. La sala biliardo con la porta aperta, il pianoforte, le pentole e una sola certezza: se ognuno avesse fatto quello che doveva, se avessero aperto la strada Alessandro e le altre 28 persone lasciate morire nel resort si sarebbero salvate».
Antonella Maria Pastorelli, la mamma di Alessandro Riccetti, è tornata a Farindola per ricordare suo figlio e le altre 28 vittime della tragedia dell’hotel Rigopiano. Alessandro aveva 33 anni, lavorava come receptionist nel resort inghiottito dalla valanga con i colleghi e alcuni ospiti dell’albergo.
Un altro anniversario che vede riuniti i parenti della vittime, senza più lacrime. La fiaccolata davanti all’obelisco del resort, la deposizione di fiori, la messa sui resti dell’albergo e la lettura dei nomi dei “29 angeli”. Alle 16 e 49, ora della tragedia, ventinove palloncini bianchi liberati in cielo tra le lacrime e un dolore che niente può lenire.
Il settimo anniversario della strage del Rigopiano è di nuovo un’altalena tra dolore e speranza di giustizia.
L’anno scorso i familiari delle 29 persone inghiottite dalla valanga l’anniversario l’hanno affrontato nella convinzione che presto sarebbe arrivata una giusta sentenza che avrebbe dato pace alle vittime e un po’ di serenità a chi le amava.
Quest’anno l’anniversario è a ridosso della seconda sentenza, con la speranza che il processo d’appello possa ribaltare la sentenza di primo grado e far emergere la piena verità su una tragedia che si poteva e si doveva evitare.
«Mi sono sentita morire dentro, è come se avessero ammazzato Alessandro per la seconda volta - ha detto Antonella Pastorelli dopo la sentenza di primo grado chiusa con 5 condanne e 25 assoluzioni. Sapere che sono stati quasi tutti assolti perché il fatto non sussiste è stata una pugnalata al cuore. Questa tragedia non è servita a niente, è come se non fosse successo nulla. Non ce l’aspettavamo questa sentenza, pensavamo che le prove d’accusa fossero schiaccianti e invece il fatto non sussiste. Anche se Alessandro e le altre 28 persone sono state lasciate morire come i topi in gabbia. Dovevano aprire la strada, solo quello, li dovevano salvare».
Il 9 febbraio è attesa la sentenza della corte d’appello.
«Decideranno i giudici. Speriamo nella sentenza d’appello, il ricorso ci sembra ampiamente fondato» dice Giovanni Ranalli, legale della famiglia di Alessandro Riccetti.
Mamma Antonella non si stanca di ripetere che la giustizia deve fare il suo corso: «Niente potrà restituirmi mio figlio, nessuna sentenza, ma per me è fondamentale che venga riconosciuto che hanno sbagliato. Non passi il concetto che 29 persone dovevano morire perché non c’era nulla da fare. Bastava una turbina per aprire la strada».