Ucciso da un ago nei polmoni, 7 medici di Perugia a processo. Le difese: «Nessuna colpa, lo dimostreremo»

L'ospedale Santa Maria della misericordia di Perugia
di Egle Priolo
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Venerdì 19 Aprile 2024, 09:27

PERUGIA - Ucciso da un ago nei polmoni, sette medici del Santa Maria della misericordia a processo. Sono stati infatti rinviati a giudizio quattro anestesisti e tre otorinolaringoiatri (tra cui tre specializzandi) accusati dal pubblico ministero Franco Bettini dell'omicidio colposo di Vincenzo Bosco, il 40enne deceduto il 26 aprile 2022 prima di una operazione di settoplastica considerata di routine.

Secondo le contestazioni avanzate dal pm i sanitari avrebbero cagionato il decesso di «Bosco, morto a seguito dell’induzione di anestesia in sala operatoria, nelle fasi preliminari all’esecuzione di operazione chirurgica al setto nasale, a causa di grave insufficienza respiratoria acuta secondaria a polmonite, favorita dalla presenza di corpo estraneo in polmone, rappresentato da un ago da insulina, insufficienza respiratoria indotta dalla somministrazione dell’anestesia, con condotte colpose omissive autonome, negligenti ed imprudenti». In particolare, secondo la procura, non sarebbe stata fatta una radiografia del torace «in soggetto affetto da problematiche respiratorie», «esame che avrebbe evidenziato la reazione infiammatoria polmonare prodotta dalla presenza del corpo estraneo (l’ago, appunto, ndr) e che avrebbe pertanto sconsigliato l’esecuzione dell’operazione». Accuse che in questi due anni le difese dei medici, con gli avvocati Ermes Farinazzo, Giovanni Spina, Federica Pala, Bruna Pesci, Giancarlo Viti e Delfo Berretti hanno duramente contestato, sottolineando come siano stati fatti invece tutti gli accertamenti necessari per un'operazione del genere, compresa una prima radiografia che non aveva riscontrato la presenza né di ago né di possibili infezioni, in un soggetto che – nonostante malattie pregresse – era (e si era detto, durante le visite) completamente sano. Con l'ago che, secondo i consulenti della stessa procura, potrebbe essere stato aspirato durante un uso di droga e, per dare un riferimento temporale, secondo il medico legale Annamaria Verdelli consulente di un indagato, tra il 9 aprile e l'operazione. Sottolineando, infine, come lo stesso ago sia stato trovato dopo una Tac, per dimostrare come l'eventuale Rx non sarebbe comunque bastata.
Una ricostruzione che però non è bastata evidentemente al gup Elisabetta Massini che ha rinviato tutti a giudizio, con il processo che inizierà il 19 settembre davanti al giudice Marco Verola.

Con lo stesso ospedale, assistito da Mario Mattei, chiamato a rispondere come responsabile civile e che ha già difeso i suoi medici, ribadendo la completa e totale correttezza del loro operato. Intanto la famiglia di Bosco, il fratello invalido, la figlia di cinque anni e la compagna convivente, attraverso l’avvocato Sara Falchi, chiedono un risarcimento di oltre 1,3 milioni di euro, per la perdita ma anche perché facevano «esclusivamente riferimento per le proprie necessità quotidiane e di vita» su Bosco. Durissimo il commento dell'avvocato Farinazzo: «Non c'erano i presupposti per il rinvio a giudizio, perché non c'è alcuna omissione da parte dei medici, né negligenza alcuna nel loro operato. Lo dimostreremo nel processo».

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