C’è un grande ritorno in pista, un colpo di scena. Andrea Cesarini parteciperà al bando per la costruzione di Dies Natalis, la Macchina di Santa Rosa ideata da Raffaele Ascenzi: «Voglio farlo nel ricordo di papà». Non un papà qualsiasi: Contaldo, morto nel 2019, aveva già dato vita a Una Rosa per il Duemila - Tertio Millennio Adveniente (di Marco Andreoli, Giovanni Cesarini, Lucio Cappabianca, 1998 - 2002), Ali di Luce (dello stesso Ascenzi, 2003 - 2008», per poi subentrare in Fiore del Cielo (Arturo Vittori, 2009 - 2014), dopo il forfait in corsa dell’imprenditore friulano Loris Granziera.
E Fiore del cielo era stata assemblata proprio insieme a Vincenzo Fiorillo, altro nome in corsa per Dies Natalis, con cui ha collaborato per anni anche in precedenza. Andrea Cesarini pronto al gran ritorno: «Una mezza idea c’è - dice - vorremmo essere della partita. L’amore e la passione per Santa Rosa non è mai stata abbandonata. Solo che ci volevamo prendere un periodo sabbatico, di relax, che poi è stato abbastanza lungo». Nel mezzo c’è stata Gloria, ancora targata Ascenzi, per la cui realizzazione non ha partecipato al bando. E adesso? «Dopo la presentazione dei bozzetti - continua – ci era rivenuta voglia di ricordare il passato. Anche in onore di papà».
Per Andrea, un modo di ripercorrere le orme di Contaldo. «Per quello, principalmente. Così, parlandone, è uscito fuori il discorso e ci siamo detti: vediamo le condizioni». Cesarini così giudica Dies Natalis: «Il bozzetto mi piace molto - commenta - lo vedo un po’ particolare, impegnativo come lavorazione.
In questo caso Cesarini si riferisce ad Ali di Luce, la prima ideata dal papà della passata e della futura Macchina. Il discorso dei tempi invece è delicato, quindi «non mi espongo». Su Contaldo invece sì, e a ragione. «Papà ha sempre avuto quella carica, quell’amore per Santa Rosa che comunque era molto riconoscibile». Quella che aveva definito “machinite”, la malattia che prende visceralmente chi ha a che fare con la realizzazione della struttura. «Anche la sua euforia quando era il momento, si vedeva che ci teneva, che era carico. Tanto è vero che quando andavamo incontro ai Facchini lui saltava sempre. Lo posso individuare come l’attimo in cui lui si rilassava perché bene o male era tutto pronto. Ciò che era fatto, era fatto - conclude - era il momento clou».