Pacifista e filorusso, solitario e riflessivo con vena poetica e penna facile, padre di famiglia e cittadino arrabbiato: tutto e il contrario di tutto, Jurai Cintula, il 71enne che ha scaricato la sua pistola contro il premier slovacco, è un miscuglio da caso clinico, buono per un manuale di schizofrenia, ma internato per disturbi psichiatrici non è mai stato. All’esterno, del suo stato instabile e delirante e delle sue fantasie paranoiche non ha mai fatto trasparire nulla: né ai vicini di casa che lo descrivono come un «uomo tranquillo», né al figlio, che dice che al massimo «era un impulsivo» e forse gli è scattato «un corto circuito» in testa, né tanto meno in pubblico alle proteste antigoverno alle quale partecipava negli ultimi tempi. Insomma, apparentemente un anonimo signor nessuno. Otto anni fa pubblicava in rete frasi innocenti come queste: «Il mondo è pieno di armi», e gli uomini sembrano «essere diventati pazzi». Cintula confessava alla rete anche la sua preoccupazione per il fenomeno dell’immigrazione, per «l’odio e l’estremismo». Sempre nel web annunciava di avere fondato lui stesso un “movimento contro la violenza”. Dal ritratto emerso poco alla volta finora emerge un uomo qualunque, ma piuttosto strambo, contraddittorio e probabilmente molto frustrato.
LUPO SOLITARIO
Il ministro degli interni Estok lo ha definito «un lupo solitario», scontento della situazione politica in Slovacchia, ma che non è attivo né in organizzazioni di destra né di sinistra: si è radicalizzato da solo durante la recente campagna per le presidenziali e ha partecipato alle proteste contro il governo. Di lui si sa che non ha precedenti penali, né psichiatrici, che viveva a Levice, città a 150 km a est di Bratislava, che in passato ha pubblicato diversi libri di poesie e aveva fondato anche un club letterario, oltre a essere membro dell’associazione degli scrittori slovacchi che però dopo l’attentato lo ha subito scaricato: «Revocheremo l’iscrizione di questa ripugnante persona» se le accuse dovessero risultare vere. Di poesia e scrittura, tuttavia, Cintula non poteva vivere, per questo aveva trovato un lavoro come guardia di sicurezza in un centro commerciale a Levice. Era autorizzato pertanto a portare armi con regolare permesso e anche quella usata per sparare al premier era legale. Nel 2016 Cintula era stato aggredito da un uomo sotto effetto di droga. Personalmente comunque non aveva mai dato segnali di squilibrio o di intenzioni criminali, assicura il figlio al portale Aktuality.sk: «Non ho la più pallida idea di cosa avesse in mente mio padre e perché lo ha fatto», ha detto. Alla domanda se il padre odiasse il premier, ha risposto: «Mettiamola così, non lo ha votato, questo è tutto quello che posso dire». Non ha mai comunque detto apertamente di voler attaccare o addirittura uccidere un politico: «È piuttosto impulsivo, forse ha avuto un corto circuito, non so». Anche la moglie dell’attentatore è stata interrogata dalla polizia. Il profilo dell’uomo che mercoledì alle 14.30 ha sparato al premier slovacco Robert Fico dopo una riunione del governo nella cittadina di Handlova, è quanto meno bipolare. Poeta per hobby, scrittore a tempo perso accanto al lavoro che era costretto a svolgere perché di poesia e scrittura non riusciva a sfamarsi, Cintula, arrestato subito dopo avere scaricato cinque colpi contro Fico, di cui quattro andati a segno, era pacifista a parole e filorusso nel cuore, ce l’aveva col governo, ma non aveva mai manifestato prima intenzioni di compiere attentati o assassinare qualche politico e lo stesso premier.
PROTESTE E CHOC
In un video sui media slovacchi, si vede l’uomo in stato confusionale che dice: «Non sono d’accordo con la politica del governo».