Teramo, clienti gay sequestrati e ricattati: tre nigeriani alla sbarra. I contatti su Grindr

Teramo, clienti gay sequestrati e ricattati: tre nigeriani alla sbarra
di Teodora Poeta
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Martedì 20 Febbraio 2024, 07:30

Si è aperto ieri, davanti alla Corte d’Assise di Teramo, il processo ai tre nigeriani all’epoca richiedenti asilo politico accusati in concorso di quattro sequestri di persona ed una tentata rapina commessi ai danni di cinque teramani che sarebbero stati adescati attraverso Grindr, una delle app d’incontri per gay, bisessuali, trans e queer più famosa al mondo. Nessuno si è costituito parte civile.

La pm Simonetta Ciccarelli della Distrettuale, che ha poi seguito l’inchiesta per competenza di reato, si è opposta alla richiesta dei difensori degli imputati (gli avvocati Tulliola e Luigi Immanuel Aloè ed Andrea Palazzeschi) di risentire in aula le persone offese in quanto tutte sottoposte all’incidente probatorio. I giudici della Corte, dopo una lunga camera di consiglio, hanno deciso che in dibattimento verrà riascoltato soltanto il perito nominato dal gip ed hanno ammesso nella lista dei testimoni della difesa due carabinieri che dovranno riferire su una telefonata arrivata al 112 il 9 ottobre del 2022, che, però, a quanto pare, non è stato possibile registrare per un guasto che andava avanti dal 16 settembre.

Ad oggi i tre nigeriani, che hanno 23, 25 e 30 anni, sono ancora in carcere su esecuzione di un’ordinanza di applicazione della custodia cautelare emessa dal gip dell’Aquila scattata un anno fa, ma in precedenza erano stati arrestati in flagranza di reato proprio il 9 ottobre del 2022, ma dopo la convalida erano tornati in libertà perché il giudice aveva ravvisato un’incompetenza funzionale e il fascicolo a quel punto era stato trasmetto alla Dda.

Secondo l’accusa con falsi nickname i nigeriani sarebbero riusciti ad attirare le vittime, tutti uomini, invitandole ad avere rapporti sessuali non a pagamento.

Gli accordi avvenivano sempre tramite chat, con l’utilizzo dell’applicazione Grindr, ma prevedevano sempre che il rapporto sessuale non fosse a pagamento e che all’incontro con l’adescato fosse presente uno solo di loro. Dopodiché, però, una volta che il malcapitato arrivava in una casa che si trova a Villa Butteri, una piccola frazione lungo il fiume Tordino, nella zona della Motorizzazione Civile, sbucavano gli altri e iniziavano le minacce anche di morte e le richieste di denaro che andavano dai 100 ai 300 euro. Soldi che sono stati ritirati agli sportelli bancomat dove le vittime, con forza, venivano accompagnati.

In un caso, un uomo è stato preso a pugni. Ma c’è anche chi, invece, se li è visti spuntare sul posto di lavoro e dopo essere stato accusato in maniera pretestuosa di aver divulgato un video sul web dal contenuto sessuale che li riguardava, hanno tentato di portargli via del denaro. Una vicenda che ora dovrà essere accertata in dibattimento, dove i primi ad essere sentiti saranno proprio gli investigatori che hanno operato.

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