Energia, le Comunità energetiche rinnovabili ai blocchi di partenza: serve uno sprint

Manca il decreto attuativo che però necessita del via libera Ue

Energia, le Comunità energetiche rinnovabili ai blocchi di partenza: serve uno sprint
di Giusy Franzese
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Venerdì 3 Novembre 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 25 Novembre, 22:12

La mappa delle cabine primarie è pronta e, da fine settembre, ogni cittadino, impresa o ente, inserendo sul sito del Gse (Gestore dei Servizi Energetici) l’indirizzo dell’immobile o le coordinate geografiche può scaricare le undici cifre alfanumeriche che compongono il codice di riferimento della “sua” cabina primaria tra le 2.107 censite. Era uno dei passaggi (insieme a quello degli incentivi economici) considerati fondamentali per dare finalmente la spinta alla diffusione delle Cer, le Comunità energetiche rinnovabili, veri e propri soggetti giuridici (questo le differenzia dalle associazioni di autoconsumo, come quelle dei condomini ad esempio) costituiti da cittadini, enti locali, imprese, scuole, parrocchie, ospedali, che vogliono condividere l’energia autoprodotta. C’è purtroppo un però, o meglio un’avvertenza che compare nella stessa pagina della mappa interattiva messa a disposizione dal Gse: fin quando non entrerà in vigore il decreto attuativo del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (previsto ai sensi dell’articolo 8 del Decreto Legislativo 199/2021), vale la disciplina transitoria che consente la costituzione di una Comunità energetica soltanto agli utenti allacciati «alla cabina di trasformazione in media/bassa tensione» altrimenti detta cabina secondaria. E va da sé che si tratta di una limitazione enorme, perché le cabine secondarie servono aree molto più ristrette, immobili ubicati nella stessa strada o comunque limitrofi. Una cabina primaria invece è a servizio anche di più comuni (o più quartieri nel caso delle grandi città). Basti pensare che in Italia ci sono oltre 430.000 cabine secondarie e 2.107 cabine primarie.

LO SNODO

La domanda quindi sorge spontanea: quando entrerà in vigore il decreto attuativo? La risposta esatta per il momento non c’è. Il testo del decreto è stato inviato ben otto mesi fa a Bruxelles per il necessario via libera. La Commissione si deve esprimere soprattutto sulla parte degli incentivi, escludendo che possano configurarsi come aiuti di Stato. «A breve arriverà l’ok» ha assicurato nuovamente qualche giorno fa il ministro Gilberto Pichetto Fratin. Nessuna data precisa, però. E comunque, una volta ottenuto il via libera Ue serviranno altre settimane prima che il decreto venga pubblicato in Gazzetta Ufficiale con le eventuali modifiche richieste. Risultato: i player energetici hanno già in portafoglio offerte dedicate, a loro volta cittadini, enti locali e piccole imprese hanno centinaia di progetti pronti, ma per il momento resta ancora tutto nei cassetti. Pochi numeri sintetizzano bene lo stallo: in Italia sono censite 30 Cer attive e altre 10 sono pronte all’accensione (risultano “in lavorazione” al Gse) appena il decreto entrerà in vigore; in Germania le comunità energetiche attive sono 4.848; complessivamente nell’Ue sono circa 9.000. Siamo in ritardo. Eppure sui principi alla base della condivisione dell’energia rinnovabile sono tutti d’accordo: le Cer possono essere un aiuto concreto contro il caro bollette, l’emergenza climatica e la povertà energetica. Un studio targato Agici e Accenture ha calcolato l’impatto sull’ambiente di una diffusione capillare sul territorio delle Cer, partendo dall’obiettivo del 32% di consumo da fonti rinnovabili entro il 2030 fissato dalla Commissione Europea con la «Renewable Energy Directive»: «Con 5 GW di potenza installata, a fronte dei 60 MW attuali, le comunità energetiche potrebbero generare una riduzione di CO2 di 1,35 milioni di tonnellate e un beneficio economico tra i 1,3 e 1,5 miliardi di euro». Tra i vantaggi delle Cer c’è anche quello di una minore dispersione di energia che si ha sulle reti quando la stessa energia viene prodotta lontano da dove poi è consumata. «Si tratta di perdite di rete che solo nel 2022 sono costate in Italia oltre 22 miliardi di euro riversati sulle bollette di tutti – cittadini, aziende e pubbliche amministrazioni – e che potrebbero essere fortemente abbattute creando, attraverso le comunità energetiche, impianti di produzione vicini ai luoghi di consumo» sostiene Mauro Antonio Guarini, vicepresidente di Part Energy, cooperativa benefit fra i principali operatori del settore in Italia. Una volta sciolte le briglie burocratiche le Cer - alle quali possono associarsi sia i “prosumer” (ovvero i proprietari dell’impianto di energia green) sia semplici cittadini consumatori - potrebbero diventare uno strumento di autoproduzione e consumo molto diffuso anche in Italia. Secondo uno studio del Politecnico di Milano, entro 5 anni il numero di Cer attive potrebbe arrivare a 40mila coinvolgendo oltre un milione di famiglie, 200 mila uffici e 10 mila piccole e medie aziende. Anche perché in ballo ci sono molti incentivi: oltre 2,6 miliardi di euro, di cui circa 400 milioni di euro a livello regionale (80% dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale) e 2,2 miliardi nell’ambito del Pnrr destinato a Cer ubicate in comuni con meno di 5.000 abitanti.

Gli incentivi sono distinti tra una parte fissa e una parte variabile. Il contributo a fondo perduto è pari a 1.500 euro/kW per gli impianti fino a 20 kW, 1.200 euro per quelli da 20 a 200 kW e 1.050 euro per quelli da 100 a 1.000 kW. La quota di energia condivisa riceve un incentivo diviso in due componenti: una tariffa incentivante per 20 anni pari a 11 centesimi a Kwh (per l’autoconsumo collettivo è 10 centesimi); un rimborso per minori costi di sistema derivanti dalla condivisione di energia (che non transita nella rete di distribuzione nazionale) pari a 0,9 centesimi a Kwh. Complessivamente, quindi, la quota di energia condivisa è soggetta ad un incentivo di 11,9 centesimi/kwh per le comunità energetiche e di 10,9 centesimi/Kwh per l’autoconsumo collettivo. All’incentivo sull’energia condivisa per le Cer si aggiunge poi, anche il ricavato di quella ceduta in rete il cui prezzo medio di vendita, tramite il ritiro dedicato, è di circa 50 euro/MWh. Gli impianti delle Cer non possono superare il limite di 1Mhw, salvo quelli che fanno capo ai ministeri dell’Interno, della Difesa, della Giustizia e alle Autorità portuali.

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