Più di un decennio di blocco del turn over. Ma anche gli scivoli introdotti dai vari governi, a partire da Quota 100, utilizzati a piene mani dai dipendenti pubblici. I conti previdenziali degli statali sono in rosso. Profondo rosso. Il "buco" è di quasi 40 miliardi di euro (39 per l'esattezza). Non è una sorpresa. Sono ormai diversi anni che la tendenza è questa. Per comprenderne le ragioni basta leggere le tabelle. Quelle pubblicate dal Centro studi Itinerari Previdenziali, innanzitutto. I dipendenti pubblici in pensione, si legge nei documenti resi disponibili con il rapporto presentato ieri alla Camera dal presidente Alberto Brambilla, sono 3,1 milioni e ogni mese percepiscono una pensione media di 2.062 euro.
Il costo annuale
I dipendenti pubblici attualmente in servizio, secondo i dati del Conto annuale del Tesoro, sono 3,2 milioni. Ogni lavoratore pubblico insomma, deve "reggere" un pensionato. Per tenere in equilibrio il sistema, questo rapporto dovrebbe essere all'incirca di 1,5. La gestione, insomma, è squilibrata: le pensioni dei dipendenti pubblici costando circa 82 miliardi di euro, le entrate non arrivano a 43 miliardi.Ma, come spiega il Rapporto, il quadro futuro è in «evoluzione». Il turn over è stato sbloccato, e ogni anno ora sono previste circa 170 mila assunzioni. Ma soprattutto con la manovra finanziaria è arrivata una prima "correzione" del sistema previdenziale dei dipendenti pubblici. Il riferimento è al ricalcolo delle quote retributive delle pensioni dei medici, dei maestri, degli infermieri, dei dipendenti comunali e degli ufficiali giudiziari. Un taglio dei futuri assegni che ha fatto molto discutere e che è stato parzialmente corretto dal governo.