Mario Benedetto
Mario Benedetto

L'intervento/ L'Italia e la necessità di essere competitivi

di Mario Benedetto
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Giovedì 21 Marzo 2024, 00:20
Noi italiani abbiamo un vantaggio competitivo storico, solido e tuttora valido a livello globale: la nostra Italia. Quello che spesso non ci permette di valorizzarla, nel senso di trasformarlo letteralmente in “valore”, è la mancanza di una precisa “dote”: la consapevolezza. Una parola chiave, un valore, che sarebbe capace di aprire molte ulteriori porte. Per prime quelle della nostra mente e poi, come diretta conseguenza, molte altre fatte di opportunità a livello globale.
Il nostro posizionamento internazionale oggi giova di una consapevolezza che riguarda più chi ci guarda da fuori rispetto a quello che, dalle finestre di casa nostra, a volte non siamo capaci di vedere. Non possiamo tollerare osservazioni che non riconoscano il nostro potenziale socioeconomico, volendo offrire l’idea di un Paese instabile. Così come non possiamo tollerare chi non riconosce la nostra grande solidarietà, tratto distintivo della nostra storia di italiani, giunto “cromosomicamente” fino ai giorni nostri. Siamo critici quando serve, ma onesti intellettualmente, e vogliamoci bene.
Abbiamo argomentazioni sufficienti per sostenere questa linea. Senza sminuire la nostra competitività economica, l’aumento dell’occupazione, il trend di crescita che oggi ci colloca tra i primi Paesi europei. Insomma, spesso, facciamo e non “riconosciamo”. Per eccessiva severità, alcune volte. Per ideologia, molte altre.
Adesso, è legittimo che la dialettica democratica si avvalga di visioni e contrapposizioni, ma se qualcosa dovremmo imparare dalla storia, e dalla quotidianità, ebbene questo qualcosa è la forza che siamo in grado di rappresentare quando siamo uniti, quando attingiamo alla nostra migliore capacità di fare sistema. Un sistema che il “made in Italy”, nel mondo, rappresenta benissimo come “sigillo di garanzia” e che, allo stesso tempo, tra le nostre mura rischiamo di frammentare in divergenze e tribù.
Questa riflessione nasce dalle parole di un grande capitano d’impresa che, di recente, richiamava l’attenzione su questa necessità, in un comparto simbolo proprio del nostro made in Italy come quello dell’agroalimentare. Tanto che, attualmente, questo comparto è tra i principali che continua a rappresentarci con orgoglio nel mondo, numeri e qualità alla mano. Con quel 20% del Pil che è bandiera di italianità, di eccellenza. Dai grandi centri ai piccoli borghi, siamo risorsa per il nostro sistema, siamo meta ambita per gli abitanti di ogni angolo del mondo. Non è banale ricordarlo.
Ecco la nostra bandiera, in queste ore, è visibile proprio agli occhi del mondo perché sta sventolando sulla Vespucci, il veliero simbolo della Marina Militare che attualmente si trova nelle acque dell’Argentina, nell’ambito di un progetto interministeriale del Turismo e della Difesa per la promozione del Made in Italy. La tappa di Buenos Aires rappresenta l’avvio della seconda fase del Tour mondiale della Vespucci che si concluderà nel 2025. Un’iniziativa che, a proposito del fare sistema, rappresenta anche un’importante occasione per promuovere la candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale Unesco. 
Insieme alla nostra riconoscibilità, c’è la possibilità d’incrementare il turismo delle radici italiane nel mondo, che vanta numeri significativi. Vale la pena sottolineare che questo turismo interessa un numero di viaggiatori compreso tra i 60 e gli 80 milioni, un volume che genera una spesa annua di circa 8 miliardi di euro (Confcommercio). E l’Argentina è uno dei Paesi che, da questo punto di vista, ha particolari legami con l’Italia.
Dovremmo sentirci un po’ tutti come la Vespucci, ambasciatori di un Paese che non può solo vantarsi di quello che è stato ma che, unito, può farsi vanto di quello che è potrà continuare a incarnare. Una bandiera in cui chi possa riconoscersi non solo chi ama l’Italia, ma il “bello” e il “buono” nelle sue accezioni più diverse e universali. Ricordiamolo, a noi stessi prima di tutto. Sono in pochi, nel mondo, a poter vantare questa che, detto con un pizzico di orgoglio, non è solo eccellenza ma, ascoltandoci bene, anche una bella, intima, emozione.
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