Paolo Balduzzi
​Paolo Balduzzi

La nuova PA / La sfida da vincere con i tecnici nei ministeri

di ​Paolo Balduzzi
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Martedì 26 Marzo 2024, 23:44

In un paese che invecchia, che vede troppi laureati emigrare e che, all’opposto, non riesce a compensare queste perdite attirando un numero sufficiente di forza lavoro qualificata dall’estero, si accoglie con ottimismo e speranza la volontà del governo di creare posizioni di livello elevato all’interno della Pubblica amministrazione. Si tratta dei cosiddetti “super-funzionari”: un termine indubbiamente onesto ma forse poco fantasioso e attraente per queste nuove figure caratterizzate da elevata professionalità. La prima buona notizia è che, a differenza del passato, non si tratta solo di un annuncio: le posizioni ci sono già e gli inserimenti ormai in atto o in prossimità di esserlo, a partire da quattro ministeri pilota (Economia, Cultura, Infrastrutture e Affari esteri). Non solo: che si faccia sul serio è anche garantito dal fatto che, per creare queste nuove posizioni (205, al momento), i ministeri interessati hanno dovuto rinunciare ad altre posizioni meno qualificate. Insomma, un’operazione finanziariamente neutrale che punta alla qualità, come dovrebbe essere, invece che alla quantità, come un’abusata, vecchia e deleteria logica elettorale avrebbe imposto. Una buona notizia anche per chi ha a cuore la democrazia del paese. Il sistema della divisione dei poteri e i meccanismi di bilanciamento e compensazione tra organi costituzionali non possono infatti più prescindere anche dal rapporto tra politica e tecnica. Se, giustamente, l’economista William Easterly aveva già indicato, proprio dieci anni fa, i pericoli di una “tirannia degli esperti”, oggi non si può nemmeno pensare che in un mondo in continua e sempre più veloce evoluzione, economica ma anche tecnologica, le decisioni vengano prese esclusivamente sulla base della pancia elettorale di un paese, senza preoccuparsi delle sue teste migliori. Il cambio di passo, tuttavia, si avrà solo quando questa operazione verrà inserita in un vero e proprio progetto di ammodernamento della Pubblica amministrazione. L’inserimento di figure di esperti, infatti, non può che essere solo uno degli elementi che dovrebbero aumentare la produttività e l’efficacia della macchina pubblica. Perché per muoversi nella burocrazia non servono certo solo competenze tecniche specifiche delle singole materie di cui c’è necessità. Al contrario, serve conoscere, a fondo, i meccanismi e i modi di operare della pubblica amministrazione: una conoscenza che non si può sviluppare in un normale corso di laurea né tantomeno in un’azienda privata, per quando grande. Ecco, quindi, che bisognerebbe sviluppare almeno due possibili percorsi di inserimento. Il primo, esterno ai Ministeri, orientato a una formazione completa: non solo di qualifiche tecniche ma anche di comprensione delle modalità di funzionamento della burocrazia. Una vera e propria Scuola di alta burocrazia da cui poter attingere, si spera, le figure migliori. Il secondo, invece, dovrebbe prevedere percorsi di promozione e di qualificazione di personale esistente. Lavoratori pubblici, cioè, che all’interno della Pubblica amministrazione ci sono già, che sanno muoversi con destrezza ma a cui mancano competenze tecniche specifiche. In questo modo, ci si assicurerebbe un doppio obiettivo: chi è inserito da tempo non si sentirebbe necessariamente superato dagli esterni; d’altro canto, i necessari inserimenti esterni permetterebbero quel turn over e cambiamento necessari per ringiovanire, attualizzare e stimolare una mentalità spesso troppo rigida della macchina pubblica. In un mondo ideale, a competere per la posizione di “super-funzionari” potrebbero essere accademici, italiani o stranieri, che volessero provare a mettere in pratica quanto imparato e insegnato in anni di Università; oppure esperti del settore privato tentati dalla sfida della Pubblica amministrazione. O, ancora, i giovani più talentuosi e promettenti già in dote alla burocrazia di stato. Resterebbe però un problema, l’ultima tentazione di ogni forza politica: quella di usare queste posizioni per ricollocare ex politici non eletti in cerca di occupazione e reddito. Inutile negare che si tratta di un brutto vizio di una certa vecchia politica. E se è vero che la tentazione fa l’uomo ladro, sarà utile creare esplicitamente meccanismi che evitino derive di questo tipo. A ben cominciare, si dice, metà dell’opera è già completata. L’importante sarà completare il lavoro: un’ovvietà che nel nostro paese non si può dare per scontata.
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