Gian Paolo Manzella

Imprese innovative, la lezione di Spinelli

di Gian Paolo Manzella
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Lunedì 12 Dicembre 2022, 01:55 - Ultimo aggiornamento: 21:53

Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio del decennio successivo la lunga fase espansiva dell’economia europea volge al termine. Ci sono situazioni di crisi industriale per una concorrenza internazionale più agguerrita. È sempre più evidente che la dimensione delle industrie europee è insufficiente per mercati oramai in via di globalizzazione. La penetrazione delle imprese statunitensi nel mercato comune, specialmente nei settori ad elevata tecnologia, pone problemi di “indipendenza tecnologica”, quella che oggi si chiamerebbe “autonomia strategica”.
È questo il tempo in cui la Commissione europea decide di dotarsi di una vera politica industriale. Con una doppia finalità: aiutare la ristrutturazione delle imprese in difficoltà in questo nuovo contesto competitivo e promuovere les industries de l’avenir, le industrie del futuro – dall’aerospaziale all’informatica, all’elettronica – in cui il ritardo si faceva sentire.


A guidare questo punto di svolta europeo sono due italiani che si succedono come Commissari responsabili per gli affari industriali: Guido Colonna di Paliano tra il 1967 e il 1970 e, subito dopo, Altiero Spinelli. Sono personalità che lasciano un’impronta nel discorso pubblico della Comunità e che promuovono un approccio di politica industriale moderno, con tratti che sono per molti versi anticipatori di futuri sviluppi. Nelle loro iniziative si ritrova così una continua attenzione al dato ambientale ed alla sua compatibilità con le esigenze di crescita; al tema della partecipazione dei lavoratori nelle scelte dell’impresa; alla questione della “qualità della vita” intesa nel suo senso più ampio; al dialogo tra mondo della ricerca e tessuto industriale come nuova chiave delle dinamiche di sviluppo; alla necessità di contribuire allo sviluppo armonioso delle aree arretrate della Comunità e al decongestionamento di quelle sovra industrializzate.


Nell’ottica del sostegno alle industrie del futuro, trovano spazio anche quelle che oggi chiameremmo startup e la necessità di costruire un ecosistema favorevole al loro sviluppo.
Cinquant’anni fa, nel 1972, proprio Altiero Spinelli indicava, infatti, come in Europa ci fosse bisogno
“di un mercato del capitale di rischio per sostenere nuove imprese innovative ad alto potenziale di crescita e di apertura sovranazionale”.


Subito dopo, prefigurando quella che oggi si definirebbe un’iniziativa di venture capital pubblico, aggiungeva come la presenza di diversi attori privati in questo settore non rendesse meno necessario un intervento di sostegno “giudizioso” condotto attraverso fondi pubblici.

E si delineava, anche in questo caso con visione “d’anticipo”, il diretto coinvolgimento della Banca europea per gli investimenti che, insieme ai diversi organismi finanziari pubblici nazionali, avrebbe dovuto dar vita ad una “filiale europea congiunta” dedicata a “fornire capitale di rischio alle imprese con un buon potenziale di crescita”.


Un anno più tardi queste indicazioni di Spinelli si traducevano in concrete linee di azione presentate dalla Commissione agli Stati membri per sostenere “giovani imprese europee con un’alta capacità di crescita e innovazione che spesso hanno difficoltà a finanziare la loro espansione” e si prevedeva una specifica iniziativa in questa direzione frutto della collaborazione tra la Bei e gli enti nazionali specializzati: l’Imi, per l’Italia. Un disegno di intervento pubblico che, nelle sue linee essenziali, avrebbe trovato forma compiuta solo alla metà degli anni Novanta, quasi 25 anni dopo, con l’istituzione del Fondo europeo per gli investimenti.
Le proposte di Spinelli non ebbero, infatti, immediato successo. Gli Stati membri fecero muro rispetto al disegno anticipatore di politica industriale delineato dai commissari italiani. E ne fece le spese anche la costruzione di un ecosistema europeo favorevole alle startup ed alla loro crescita.


In un momento come quello attuale, che vede il ritorno della politica industriale dell’Unione ed una grande attenzione alla questione della impresa innovativa e della sua crescita, riscoprire queste radici “lunghe” (ed italiane) della politica europea per le startup ha anche una suggestione in più. Ricordare l’attenzione di Altiero Spinelli alle imprese innovative dell’inizio degli anni Settanta, serve anche a rievocare che tra i compiti dell’Europa immaginata da lui, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni - trent’anni prima, a Ventotene - c’era una politica attiva per i giovani: per “ridurre al minimo le distanze fra le posizioni di partenza nella lotta per la vita”. Perché un mercato del capitale di rischio serve proprio a questo: a dare concrete opportunità di realizzazione alle nuove idee di chi lo merita.


(Il discorso di Spinelli a Venezia . Il memorandum della Commissione europea del 3 maggio 1973 è consultabile qui. Sulle difficoltà di avanzamento delle misure di politica industriale vedi il discorso di Spinelli di fronte al Parlamento nel giugno del 1974 consultabile qui ).

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