Ospedale Frosinone, beffa dopo il Covid: il reparto malattie infettive rischia di chiudere per carenza di medici

Sono rimasti in servizio tre infettivologi, oltre alla dirigente, e coprire i turni è impossibile

Ospedale Frosinone, beffa dopo il Covid: il reparto malattie infettive rischia di chiudere per carenza di medici
di Giovanni Del Giaccio
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Venerdì 16 Giugno 2023, 08:27 - Ultimo aggiornamento: 17 Giugno, 09:40

C'erano una volta gli "eroi". Quelli in prima linea, come e più degli altri, contro il Covid 19. Il virus non è più pandemico, per fortuna, ma le malattie infettive continuano a esistere, covid compreso. Con il rischio concreto che a Frosinone, all'ospedale "Spaziani", non possano più essere curate dall'inizio di luglio. Il che vuol dire che non potranno esserlo in tutto il resto della provincia.

Motivo? Il reparto, 14 posti letto e una delle eccellenze del territorio, rischia di chiudere per mancanza di medici.

Ufficialmente non c'è alcuna decisione in merito, ma la situazione è assai difficile. Sono rimasti in servizio tre infettivologi, oltre alla dirigente, e coprire i turni in questo modo è pressoché impossibile. Finora si è "tamponato" utilizzando a gettone i medici dello "Spallanzani" per le notti, ma ormai è difficile coprire anche la normale turnazione diurna perché fra l'altro uno dei medici in servizio ha avuto un problema di salute.


Diverse sigle (Cgil, Cisl, Uil e Nursind) hanno chiesto un incontro urgente al direttore generale, Angelo Aliquò, per verificare se e come sia possibile evitare la chiusura. Il manager conferma che ci sono le difficoltà, ma al tempo stesso che trovare i medici è praticamente un'impresa. L'incontro dovrebbe svolgersi comunque in questi giorni, nel tentativo di salvare il salvabile.

LA SITUAZIONE

Oggi ci sono sia il reparto, sia gli ambulatori dedicati, a cominciare da quelli del follow up ovvero che seguono i pazienti dopo la guarigione o i cronici. Garantire la turnazione 24 ore su 24 per i quattordici posti letto, con i tre medici a disposizione, è tecnicamente impossibile.
Si va, fra l'altro, verso il periodo feriale e quindi la disponibilità di personale già ridotto all'osso viene meno. Al tempo stesso, però, i medici garantiscono anche l'attività ambulatoriale e le consulenze in pronto soccorso quando si sospettano meningiti - ad esempio - e c'è bisogno di effettuare i prelievi dedicati, ma anche per altre potenziali infezioni. Fino a oggi tutto questo è stato garantito, con grande e immaginabile fatica, ma adesso non si riesce più ad andare avanti.

I RISCHI

La chiusura del reparto fa venir meno la possibilità di isolamento, ad esempio, di un paziente con sospetta meningite. La consulenza può anche essere fatta, ma per i due-tre giorni necessari all'arrivo della risposta degli esami il malato viene "parcheggiato" in pronto soccorso? Stesso discorso per la tubercolosi, patologia che nell'immaginario collettivo sembra ormai debellata ma che invece - solo in Italia - "viaggia" a una media di 4 nuovi casi ogni 100.000 abitanti l'anno, secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità. Individuarli non solo consente di arrivare a una guarigione (molto faticosa), ma di sottoporre a screening il resto dei contatti stretti. Non dimentichiamo, poi, le epatiti che solo nel 2020 - secondo gli ultimi dati di Open salute Lazio - riguardavano 3.589 ciociari con un tasso di 700 casi ogni 100.000 residenti. Non saranno lasciati soli perché funzioneranno gli ambulatori, ma in caso di ricovero? O lo "Spallanzani" di Roma o il "Santa Maria Goretti" di Latina. Discorso analogo per i pazienti con Hiv (il virus dell'Aids) che spesso per comorbilità con altre patologie hanno bisogno di un posto letto. La soluzione? Per il bene dei pazienti trovare medici e subito, magari a "gettone" per l'estate, in attesa di sbloccare un concorso fermo da anni. Difficile, ma non impossibile.
 

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