Potremmo chiamarla anche la serenità del «roming», nel senso di tenersi in contatto con Roma spendendo poco o nulla, rispetto all'incubo del «roaming», perché un tempo quando viaggiavi e dovevi telefonare a casa rischiavi di spendere più soldi di quelli che avevi sborsato per il volo.
Così se un tempo a Fiumicino ti salutavano dicendo «appena arrivi, chiami», oggi si preferisce un più oculato «appena trovi il wi-fi ci sentiamo su Skype». E nel filo diretto resto del mondo-Roma, a volte ci si disperde nei molteplici modi di comunicare, perché alla fine ti ritrovi a ricevere lo stesso messaggio dall'altra parte del globo su Whatsapp (che è più immediato ma legato a una sim card e a un telefonino), sulle chat di Facebook e Hangout (più macchinose ma con il pregio di essere controllabili su un pc), perfino con l'sms (ma ha il difetto di costare non poco in roaming).
Fino a quando uno dei due interlocutori, ubriacato dai rivoli differenti di comunicazione, sbotta «decidiamo quale canale usiamo però». E se gli ultra settantenni restano diffidenti verso i social network, eccoli convertirsi appena il parente lontano manda uno straccio di selfie per confermare che sta bene. In sintesi: Guzzanti all'alba di internet scherzava sulla possibilità di comunicare con l'altra parte del mondo: «Ma io e te aborigeno che cavolo abbiamo da dirci?»; ma poi le mamme hanno sempre qualcosa da dirci, ovunque ci troviamo.
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