Reduce da una visita in Libia, durante la quale ha avuto accesso al centro di detenzione 'ufficiale' di Tripoli - dove vengono portate le persone raccolte dalla guardia costiera libica nelle acque territoriali - Liu ha riferito gli orrori visti affermando - ad esempio - che «le donne incinta sono oggetto di violenza sistematica». Ha inoltre citato il caso di una persona portata in ospedale per grave malnutrizione: «Ci è voluto un mese per farlo guarire, ma poi è stato riportato nel campo a soffrire di nuovo la fame».
«I governi europei stanno alimentando il business della sofferenza della Libia»: è il titolo della lettera aperta scritta da Joanne Liu ai governi dei 28 chiedendo essenzialmente che invece dei finanziamenti per bloccare le rotte, vengano aperte «vie per l'attraversamento sicuro e legale delle frontiere». «La detenzione di migranti e rifugiati in Libia è marcia al nocciolo. Deve essere chiamata per quello che è: una fiorente impresa del sequestro di persona, della tortura e dell'estorsione. Ed i governi europei hanno scelto di tenere la gente in questa situazione. La gente - è scritto in uno dei passaggi della lettera - non può essere riportata indietro in Libia, né può essere rinchiusa lì».
«La gente è trattata come una merce da sfruttare.
Le persone sono stipate in stanze, buie, luride, senza alcuna ventilazione e costrette a vivere una sull'altra» ha scritto Liu nella lettera-denuncia ai governi, ricordando che nelle sue operazioni di ricerca e soccorso in mare Msf «è stata colpita dalla guardia costiera libica finanziata dalla Ue e ripetutamente accusata di collusione con i trafficanti», Liu chiede: «Ma chi è colluso con i trafficanti? Quelli che cercano e salvano le persone o quelle che permettono che le le persone sia trattate come merci da imballare e vendere?».
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