Arrestato il boss evaso dal carcere: tradito dalla bella vita

Marco Raduano, esponente di spicco della mafia garganica, fermato in un ristorante in Corsica: un anno fa la fuga da film dal penitenziario di Nuoro

Arrestato il boss evaso dal carcere: tradito dalla bella vita
di Nicola Pinna
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Domenica 4 Febbraio 2024, 08:54

Alleati e nemici si erano fatti un'idea sbagliata: «Se è stato capace di fuggire da Nuoro è davvero uno potentissimo. Non lo prenderanno mai». E invece non era così e Marco Raduano si è goduto la libertà per meno di un anno. La bella vita a cui non riusciva a rinunciare si è trasformata in una trappola. Pure lui, come ogni boss, è sempre stato un amante dei rischi e con tutta serenità aveva organizzato una cena in un bel ristorante di Bastia, nel nord della Corsica. Ad aspettarlo al tavolo c'era una donna che forse neppure sapeva di aver iniziato a frequentare un pericoloso latitante. Insieme ai camerieri, nelle sale del locale mercoledì sera c'erano anche gli agenti speciali della Gendarmerie e i carabinieri del Ros. E "Pallone", come tutti lo conoscono in quella fetta di Puglia che da anni è il regno della sua famiglia criminale, si è sgonfiato in un attimo. Non era armato e non ha tentato di fuggire. Uno degli uomini più ricercati d'Europa, sulle cui tracce si erano messi gli agenti di molti Stati, rientra nel luogo dal quale era fuggito clamorosamente, cioè il carcere. Certo non tornerà a Nuoro, dove era stato capace di organizzare un'evasione che poteva essere possibile solo nella mente di uno sceneggiatore.

SCENE DA FILM

A Bad'e Carros di delinquenti che sognavano la vita alla macchia ne sono passati molti, ma nessuno aveva osato tanto. Proprio a febbraio del 2023 Marco Raduano aveva scavalcato l'altissimo muro di cinta e in un attimo aveva raggiunto la libertà sfruttando una corda di lenzuoli annodati l'uno all'altro. Un'azione fulminea, ripresa dalle telecamere di sorveglianza del penitenziario di massima sicurezza, ma notata tardi dai pochi agenti che in quel momento erano in servizio in un casa di reclusione di massima sicurezza. Il boss della mala garganica aveva un complice anche all'esterno e sapeva benissimo in quale direzione correre per riuscire a dileguarsi in fretta e furia. Da quel giorno sembrava finito in un buco nero ma la procura della Repubblica di Bari e i carabinieri del Ros, gli stessi che dopo 30 anni hanno catturato Matteo Messina Denaro, non si sono mai convinti del fatto che Marco Raduano avesse studiato un piano infallibile per non tornare mai più in carcere, dove deve scontare una pena definitiva a 19 anni e dove nel frattempo gli era arrivata anche una condanna di primo grado all'ergastolo.
Insieme a lui, giusto con 24 ore d'anticipo, è tornato in manette anche il suo principale collaboratore, lo scudiero di molte azioni criminali, che era ugualmente latitante: viveva in Spagna, vicino a Granada, Gianluigi Troiano, fuggito dai domiciliari nel 2021 mentre stava scontando una pena di 9 anni e 2 mesi per traffico di droga con l'aggravante del metodo mafioso. Lui, trentenne di Vieste, è stato bloccato in strada, nel centro del piccolo paese di Otura, mentre raggiungeva l'ufficio postale per ritirare un pacco. Del legame tra i due arresti i carabinieri non svelano i particolari, ma il sospetto è che la prima operazione sia servita a completare anche la seconda. Forse è bastato un telefonino o qualche messaggio per capire che Raduano e Troiano avevano ristabilito i contatti e per riuscire poi a localizzare a Bastia l'uomo della clamorosa evasione nuorese.
Per concludere quel piano di fuga, Marco Raduano aveva sfruttato non solo i legami criminali ma anche quella capacità di intessere relazioni che gli riconoscono anche gli investigatori. Si era fatto amici persino in carcere ed era riuscito a trasformare una guardia penitenziaria in un prezioso collaboratore. E proprio quell'agente aveva consentito che nella cella del boss pugliese arrivasse un telefonino e allo stesso tempo aveva fatto in modo che Raduano sapesse dove trovare le chiavi di un portone blindato dal quale era necessario passare per arrivare al muro di cinta, arrampicarsi e poi lanciarsi all'esterno. I telefonini a Bad'e Carros li spediva la sorella di un altro detenuto, un napoletano pure lui ospitato nella sezione alta sicurezza. Millequattrocento euro a pezzo e grazie ad altri occhi chiusi al momento dei controlli il materiale entrava direttamente nelle celle e finiva nelle mani delle persone giuste. Comprese quelle di "Pallone". Le falle della sicurezza che hanno consentito la clamorosa evasione sono venute fuori con l'arresto del poliziotto e della sorella del boss (entrambi già condannati a sei anni) ma ora resta da ricostruire la rete di collaboratori che hanno consentito a Marco Raduano e Gianluigi Troiano di arrivare in Francia e Spagna e di vivere serenamente. «Un altro grande risultato - ha detto il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi - nel contrasto alla criminalità organizzata ed ai suoi collegamenti internazionali».

AI VERTICI

Amante delle auto sportive, sempre con un piumino "Woolrich" addosso, Marco Raduano è passato in poco tempo dai furti di olive ai vertici della mafia garganica. E dal 2015 era al comando di uno dei due gruppi che si fronteggiano per la conquista di potere e affari. Quello che oggi è un ex latitante è accusato di due omicidi (entrambi compiuti nel 2017) e dell'agguato fallito al basista della banda incaricata di compiere la strage di San Marco in Lamis, dove furono uccisi il boss della mafia di Manfredonia, il suo autista e due contadini testimoni involontari della strage. A Vieste, Marco Raduano era uno che poteva permettersi di tutto. E in paese, dove il sindaco esulta per un arresto considerato «una liberazione», si racconta persino di mariti che hanno accettato in silenzio di essere stati traditi solo perché il terzo incomodo era lui.
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