«Il successo dei reality - spiega la regista - e l'ossessione per le celebrities credo stiano ancora crescendo in America, anche rispetto al 2008, l'anno in cui sono avvenuti questi fatti. Avendo due figlie anche io sono curiosa di capire se gli eccessi di questa cultura pop continueranno o ci sarà una reazione». La Coppola vive tra Parigi e New York, quindi in realtà molto diverse da quelle che fanno da sfondo alla vicenda: «Ero abbastanza scioccata - prosegue la regista - quando ho scoperto questa storia e ho voluto fare il film proprio per guardare da vicino la nostra cultura e per far prendere consapevolezza a tutti di cosa succede. Temo che questo culto per le celebrities e l'ansia di condividere tutto in tempo reale grazie a Internet e alla globalizzazione stiano diventando un fenomeno globale».
I veri protagonisti del film sono stati condannati da uno a quattro anni di prigione e Sofia prima di girare ha incontrato l'unico ragazzo della gang e letto interviste, ascoltato registrazioni della polizia. Alcuni di loro sono diventati molto popolari sui social network, ma la regista è convinta di non aver contribuito alla degenerazione di quella cultura pop: «Sono stata molto attenta a non glorificare i loro crimini e non trasformarli in idoli o eroi. Credo che il punto di vista del film sia molto chiaro: non siamo dalla loro parte».
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