Montante, l’imprenditore e il pressing del senatore: «Lumia mi disse di denunciare il falso»

Montante, l’imprenditore e il pressing del senatore: «Lumia mi disse di denunciare il falso»
di Valentina Errante e Sara Menafra
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Martedì 15 Maggio 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 16 Maggio, 15:49

ROMA È il 16 gennaio 2016 quando i pm di Caltanissetta prendono coscienza dei fatti, scrive il gip, che «restituiscono un quadro desolante, composto da soggetti tra loro legati a doppio filo dallo scambio di “favori” e dotato di una pervasività e di una capacità di penetrazione negli apparati investigativi a dir poco sbalorditiva». Le intercettazioni, agli atti dell’inchiesta raccontano di quella «rete di protezione» che avrebbe tutelato Montante, indagato per mafia. Ma soprattutto a proteggere i suoi informatori all’interno di intelligence e forze di polizia, grazie ai quali l’archivio dei suoi dossier cresceva costantemente e i nemici - fossero essi imprenditori o giornalisti - venivano immediatamente sottoposti a controlli. Una rete di sostenitori e sodali che include anche l’ex parlamentare e paladino dell’Antimafia Giuseppe Lumia, col quale Montante concordava nomine e strategie. E che si sarebbe prestato a mettere sotto pressione gli imprenditori non del tutto fedeli. 

IL VERBALE
A raccontare l’accaduto è l’imprenditore Marco Venturi, assessore della Regione Siciliana nella giunta Lombardo, voluto da Confindustria, «d’accordo con Lumia» a riferire a novembre 2015 ai pm di Catanissetta dei rapporti tra Giuseppe D’Agata, prima capocentro Dia e quindi passato in forze all’Aisi e Montante. Nel corso di una cena a Palermo all’Hotel Porta Felice, nel 2014, «ebbi modo di notare D’Agata consegnare, in maniera furtiva e cercando di nasconderla alla vista, una pen drive al Montante. I due poi parlarono per qualche istante all’orecchio». D’Agata, intercettato da quel momento, è uno dei principali informatori di Montante, si saprà poi. A lui deve la nomina della moglie in un’importante incarico pubblico e il suo stesso arrivo all’Aisi, scrivono i pm.

L’INTERCETTAZIONE
Il 18 gennaio l’avvocato palermitano Angelo Cuva, considerato la «longa manus» del senatore Schifani “convoca” D’Agata per parlargli. Allarmato il militare discute con la moglie. Entrambi sono preoccupati, hanno capito: «Mi vuole mettere in guardia», dice D’Agata. E la moglie: «Ma di che cosa? Di telefoni sotto controllo?», chiede Sara Battiato e quindi, in siciliano: «Poi quello c’ha le manie di persecuzioni pirchì ti fici fari a bonifica». 
Montante, dicono le intercettazioni è e resta un uomo potente. Un amico di Venturi, riferisce dopo averci parlato: «Montante continua a comandare, questo qui alla Regione ha quattro assessori, ha questo generale dei Carabinieri dei servizi che era lì ... è andato a chiedere favori a lui, con il Ministro Alfano continua ad avere un rapporto diretto». Lo stesso Venturi, invece, prevede la caduta: «I suoi riferimenti nei servizi nei vertici apicali li stanno togliendo tutti, nella Guardia di Finanza Adinolfi l’hanno stroncato».

IMPRENDITORI MINACCIATI
Nella rete diMontante avrebbe avuto un peso anche l’ex senatore Pd Giuseppe Lumia. Massimo Romano, ras dei supermercati siciliani, ha raccontato ai pm che l’esponente politico gli disse che doveva denunciare le pressioni subite, e «andare in procura» anche se lui gli rispondeva che non aveva mai pagato nessuno: «Ricordo - dice Romano - anche che dopo la cena ebbi una terribile discussione con Montante il quale, quasi violentandomi psicologicamente insistette sul fatto che dovevo denunciare e che non facendolo li avrei rovinati tutti. In quel periodo vi era in animo di costruire una nuova associazione antiracket a Caltanissetta e ho avuto la sensazione che il discorso di Montante fosse funzionale a farmi divenire presidente di quella associazione».
Di certo, gli imprenditori rivali di Montante avevano di che temere. Un maggiore della finanza, Ettore Orfanello, doveva proprio a Montante l’assunzione della compagna nella Confidi di Massimo Romano. Dopo un controllo in azienda, racconta Venturi, «il Montante mi disse che avrei dovuto consegnare all’Orfanello la somma di 2.500 euro, ma rifiutai». 

All’epoca dello scontro per la nomina del presidente di Confindustria sicilia i suoi rivali, Salvatore Mistretta e Salvatore Lo Cascio vengono sottoposti a più controlli fiscali. E sebbene la mancata iva totale riscontrata è di circa 500 euro, subito dopo sulla base di quegli atti partirà anche un’inchiesta penale. «Chi si metteva contro finiva nei guai» spiegherà un imprenditore. 

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