Le Carré, la spia indignata: nel Regno Unito la prima biografia autorizzata

Le Carré, la spia indignata: nel Regno Unito la prima biografia autorizzata
di Roberto Bertinetti
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Sabato 31 Ottobre 2015, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 5 Novembre, 17:06
Un padre truffatore seriale finito spesso in carcere, una madre che lo abbandonò durante l'infanzia, una adolescenza difficile, un lavoro non troppo amato nei servizi segreti britannici. E' nella storia personale che occorre indagare per comprendere i temi dei libri di David John Moore Cornwell, noto a livello planetario con lo pseudonimo di John Le Carré. Ne è certo Adam Sisman, autore della prima biografia autorizzata dello scrittore appena uscita nel Regno Unito (John Le Carré, Bloomsbury, 672 pagine, 25 sterline) composta dopo aver avuto accesso alla corrispondenza e all’archivio di un uomo che in precedenza si era sempre sottratto alle intrusioni degli studiosi in ambito privato. Celebri in proposto le azioni legali avviate per bloccare indagini a lui sgradite al pari dell'ostilità verso Salman Rushdie, ritenuto «un provocatore nei confronti del mondo islamico».

«Sono cresciuto alla scuola della menzogna» confida in uno dei colloqui con Sisman. Il riferimento è a Ronnie, il padre definito «un avanzo di galera», che visse sempre al di sopra dei propri mezzi, accumulando debiti per milioni di sterline. Il figlio ammette di avere pagato in un paio di circostanze la cauzione per farlo uscire di prigione e rivela che nel 1975 alla sua morte si vantava di possedere a Londra auto di lusso, un appartamento a Chelsea nonostante il saldo del conto in banca fosse quasi pari a zero. Fu Ronnie che per allontanarlo lo inviò in un college gestito da religiosi di cui conserva un pessimo ricordo, e quindi gli fece ottenere grazie a rapporti politici una borsa di studio per Oxford dove conseguì la laurea in lingue moderne.



LA CARRIERA

Attratto dalla carriera diplomatica, David arrivò negli uffici del Foreign Office entrando poi in contatto con l'intelligence che lo arruolò inviandolo in Germania. Mentre stilava rapporti per i superiori a Londra iniziava a comporre le prime storie destinate a renderlo celebre firmate con un nome di fantasia perché le regole dei servizi vietavano agli agenti di pubblicare libri. Proprio allora si saldarono le esperienze del passato e quanto scoperto nella routine quotidiana. «Capì che la domanda da porsi era: fino a quale estremo ci si può spingere nel difendere i valori occidentali senza finire per perdere per strada quei valori stessi come hanno fatto i doppiogiochisti di Cambridge, ovvero Kim Philby, Guy Burgess, Donald Maclean, Anthony Blunt e John Cairncross, gli accademici al soldo dei russi tra i due conflitti mondiali» rileva il biografo.

E' per questo, aggiunge, che David Cornwell decise di abbandonare l'intelligence trasformandosi in John Le Carré. Una decisione meditata e sofferta ma giustificata dal tormento espresso da un personaggio in La spia che venne dal freddo, apparso nel 1963 e diventato subito un bestseller, dove i colleghi dell'MI5 e dell'MI6 sono definiti «una squallida processione di omosessuali, pazzi vanitosi, traditori sadici e ubriaconi, gente che gioca ai cowboys e agli indiani per riuscire a movimentare in qualche modo la propria vita meschina come lo 007 di Fleming che è un gangster neofascista indegno di figurare in una spy-story degna di questo nome».



LA LETTERA

In una lettera inviata nello stesso periodo a un amico Le Carré si esprime in termini altrettanto duri: «Non è possibile uscire indenni dai metodi di cui ci serviamo. C'è sempre un prezzo da pagare, e il prezzo siamo di solito noi stessi. Il guaio è poi che le spie non hanno il compito di illuminare il pubblico ma i governi. E i governi si fidano di ciò che pagano e sospettano ciò che non pagano. Quindi lo spionaggio è eterno».

La caduta del Muro di Berlino e la fine del comunismo non hanno certo rappresentato un problema per lo scrittore, che ha continuato a proporre vicende in cui i protagonisti si battono senza alcuna speranza di vittoria contro l'enorme potere delle multinazionali o dei signori del petrolio in affreschi narrativi che sono altrettante metafore della condizione umana all’epoca del turbocapitalismo trionfante. Senza troppo svelare le sue idee politiche di cui però dà conto in un dialogo con Sisman nel quale afferma: «Quando ho votato ho scelto la sinistra. Ma questo è poco importante. Più significativo, forse, è che nei romanzi abbia offerto voce alla frustrazione di chi si indigna perché c'è poca rabbia intorno a noi per quello che viene fatto alla nostra società, in teoria per proteggerla meglio. Siamo spinti a fare guerre sulla base di menzogne e spogliati dei nostri diritti civili in un'atmosfera di panico». Eccellenti qualità letterarie e coerente passione civile fanno di Le Carré un maestro della narrativa contemporanea a giudizio del biografo. Che concorda con Ian McEwan nel definirlo «Il più importante tra i romanzieri inglesi della seconda metà del Novecento e dell'inizio del nuovo secolo».

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