La presidente di Unindustria: «Temiamo altre Catalent, adesso servono certezze»

Miriam Diurni, presidente di Unindustria
di Giovanni Del Giaccio
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Mercoledì 11 Maggio 2022, 09:55

 «Se temiamo un'altra Catalent? Sì, lo abbiamo detto. Il mancato investimento di quell'azienda è solo la punta dell'iceberg». Miriam Diurni, presidente di Unindustria Frosinone, va dritta al punto. C'è un'economia che deve fare i conti con l'innovazione, aziende pronte a investire - anche nell'efficientamento energetico del quale tanto si parla - ma ci sono timori per i tempi e per possibili nuove fughe. All'assemblea al teatro dell'Opera di Unindustria Lazio, due settimane fa, due gli applausi più scroscianti dopo quelli a Sergio Mattarella.
Sono andati ad Angelo Camilli, presidente dell'associazione che ha tuonato dal podio «mai più un caso Catalent» e - ancora più forti - al presidente della Regione, Nicola Zingaretti, che ha parlato della sospensione del Sito interesse nazionale per la Valle del Sacco.


 Cosa è cambiato?
«Siamo in attesa - dice la Diurni - di conoscere l'esito della richiesta. Abbiamo fornito le nostre spiegazioni e stiamo facendo di tutto per non far calare l'attenzione».
Non sono mancate le polemiche, inevitabili quando si affrontano certi argomenti. Persino dal ministero della transizione ecologica c'è chi ha detto «no grazie», come il sottosegretario, per non parlare dei movimenti ambientalisti. «Dobbiamo essere chiari e basarci su dati scientifici - aggiunge la presidente - abbiamo grande rispetto per chi segue la tematica e parliamo di un ambito molto complesso, però non credo che la sospensione vada contro le ragioni dell'ambiente. Dove serve la bonifica va fatta, non c'è alcun dubbio, sulla base di dati più ampi possibili. Finora le indagini le hanno fatte le aziende, emerge una situazione meno grave di quella che viene paventata ma intanto in assenza di una decisione risulta più difficile qualsiasi investimento che vuol dire crescita, stabilizzare l'occupazione, aumentare il volume della produzione».
Non ha più investito Catalent ma rischiano di farlo molti altri, basta pensare ai passaggi necessari per avviare un iter del genere che si viene scoraggiati: «Le imprese più piccole neanche ci provano - aggiunge l'imprenditrice - così magari rinunciano in partenza a un investimento per l'energia pulita che andrebbe a favore dell'ambiente, per il timore di restare impantanate nella burocrazia. Purtroppo di inquinato c'è anche il dibattito, si fa molta confusione, si crea allarme senza dati scientifici. Dobbiamo avere più fiducia nelle istituzioni e nelle strutture tecniche, la competenza degli enti è fondamentale perché legittima le scelte, solo che nelle conferenze dei servizi dovrebbero trovare ascolto solo gli enti competenti in materia ambientale».
I TIMORI
Invece? «Catalent è un caso, i tempi sono biblici e nella fase in cui siamo nessuno può aspettare due anni per un intervento o un'autorizzazione ambientale. Se giochi con le regole di ieri di fronte alla rivoluzione nella quale siamo, perdi. Ripeto, nessuno è disposto ad aspettare, le multinazionali vanno altrove, i piccoli quando possono resistono altrimenti restano indietro».
I PASSAGGI
Ma perché si aspetta? Semplice, almeno a dirsi: alle attività comprese nel perimetro del Sin anche per mettere una pensilina - banalizziamo - serve una indagine preliminare, il piano di caratterizzazione, poi deve esserci il confronto con Arpa Lazio e Ministero. Va verificato se c'è contaminante nel terreno o nella falda. Se esiste, deve esserci la bonifica. «Finché parliamo del terreno le aziende sono anche disponibili a intervenire a loro spese, ma l'inquinamento delle falde è diffuso ovunque, cosa facciamo? Inoltre se la falda risulta inquinata, si blocca anche un intervento che non va a intaccarla. In caso tutto vada bene, comunque, e non ci siano rischi per ambiente e lavoratori, passano due anni» - dice ancora la Diurni. A questo si aggiunge «la lista di aziende che attendono tempi lunghi e incerti per l'autorizzazione ambientale». Il paradosso è che «siccome burocrazia ed economia sono distonici, non si fanno investimenti e questo a scapito dell'ambiente, non certo a sostegno». A un mese dal voto (il 18 ci sarà un confronto di Unindustria con i candidati sindaco) il messaggio è chiaro: «Si deve decidere che territorio vogliamo essere una volta per tutte: quello che vanta una manifattura di alto livello e personale qualificato che le aziende altrove non trovano oppure prendere una strada diversa e gettare via tutto». Non è competenza diretta dei sindaci, non solo, però...
Giovanni Del Giaccio
giovanni.delgiaccio@ilmessaggero.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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