Alberto Veronesi licenziato dopo la Bohème bendato per protesta: «È una vendetta politica perché appoggio il centrodestra»

Il maestro si è esibito sul podio con gli occhi bendati per contestare l'allestimento: "Io torno a bendarmi, la pagheranno"

Alberto Veronesi licenziato dopo aver diretto la Bohème bendato per protesta: «È una vendetta politica, chiederò i danni»
di Simona Antonucci
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Lunedì 17 Luglio 2023, 18:07 - Ultimo aggiornamento: 19 Luglio, 14:27

«Si tratta di una vendetta politica, un reato di opinione. Io salirò sul podio per La bohème con il mio frac e la mia mascherina. E se loro avranno un altro direttore d'orchestra chiederò anche i danni d'immagine». Non c'è pace per l'eroina di Puccini. Il maestro Alberto Veronesi che si è presentato, sabato scorso, all'apertura del Festival Pucciniano di Torre del Lago, bendato «per non vedere un'opera ambientata nel 68, intrisa di contenuti politici», è stato sollevato dall'incarico. Ma non molla, neanche la bacchetta. Nonostante il presidente della Fondazione, Luigi Ficacci, gli abbia comunicato che a dirigere le repliche del 29 luglio, del 10 e del 25 agosto, non sarà più lui, Veronesi, che in passato è stato direttore artistico, presidente e direttore musicale della manifestazione «che quando sono arrivato, 25 anni fa», spiega, «era un camping».

Alberto Veronesi licenziato dopo la Bohème bendato per protesta: «È una vendetta politica, la dirigerò lo stesso altrimenti chiedo i danni»

IL SOSTITUTO La Fondazione, che accoglierà, il 20, l'Orchestra di Santa Cecilia, avrebbe incaricato Manlio Benzi di prendere in mano le repliche «per mettere la parola fine sulla brutta pagina».

Ma il direttore d'orchestra, milanese, 58 anni, figlio dell'oncologo scomparso Umberto, annuncia la sua prossima silenziosa «manifestazione gandhiana: sarò lì e mi farò vedere. Se poi qualcun altro prenderà il mio posto ne pagheranno le conseguenze». Si configurano, secondo Veronesi, reati di opinione. «Mi contestano ritardi, che sarebbe venuta a mancare la fiducia, ma la verità è un'altra. Si tratta di una vendetta politica perché non ho voluto condividere una regia con la stella a cinque punte, i pugni alzati. Ma soprattutto nei confronti delle mie posizioni alle ultime elezioni a Lucca, dove ho appoggiato il centrodestra». Di regie contestate è piena la storia della lirica contemporanea: è successo a Emma Dante alla Scala, a Damiano Michieletto al Covent Garden, e andando indietro nel tempo anche a Ronconi e Pizzi. Si sono viste Bohème con Rodolfo e Mimì astronauti o studenti dell'Erasmus. E letture che creano un ponte con il contemporaneo ed evitare l'effetto museo di capolavori che meritano invece l'eternità. Contestazioni, fischi, (della libertà di opinione ne godono tutti, anche gli spettatori), ma un direttore bendato finora non si era mai visto, anche perché è dal podio che partono le indicazione per musicisti e cantanti. «È stata comunque un'esecuzione perfetta», incalza Veronesi «e poi chi l'ha detto che servono gli occhi. Karajan dirigeva sempre a occhi chiusi. Io ho tenuto la benda per i primi due atti. Poi nel terzo e quarto ho fatto dei buchini nella stoffa perché avevo dolore alle palpebre. Ma da un punto di vista musicale è stata una serata ineccepibile». Una scelta, quella della maschera, sostenuta dal sottosegretario alla Cultura Sgarbi, «ma non è stato lui a consigliarmi, sono io che mi sono consultato con lui, quando mi è balenata l'idea».

 

SGARBI Una trovata che un po' di scompiglio l'ha scatenato, («Via Via», «Vergogna»). E forse era anche prevedibile. Visto che non è bastato un mese di prove per un arrivare a un accordo, tra Veronesi, il regista Christophe Gayral e lo scenografo Christophe Ouvard. «Si può mettere in scena tutto, basta che ci sia condivisione. Il 7 luglio avevo scritto una lettera chiedendo di omettere segnali propagandistici. Ma via via che lo spettacolo veniva montato mi sono reso conto che stava prendendo una piega che non mi piaceva. Ed è per questo che ho scelto di prenderne le distanze. Del resto un direttore d'orchestra non è un battitore del tempo. E l'arroganza di certi registi deve finire».

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