Codice Antimafia, Finocchiaro: «Critiche legittime ma la legge serve»

Codice Antimafia, Finocchiaro: «Critiche legittime ma la legge serve»
di Anna Finocchiaro*
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Venerdì 7 Luglio 2017, 10:07 - Ultimo aggiornamento: 8 Luglio, 16:49

L'approvazione da parte del Senato, con rilevanti modifiche, del testo del nuovo Codice antimafia segna un passaggio importante. Un passaggio importante nel tentativo di aggiornare, a 35 anni di distanza, quella legge Rognoni-La Torre che, oltre ad accrescere enormemente l'efficacia della lotta alla criminalità organizzata, ha introdotto il principio della restituzione alla collettività dei beni sottratti ai mafiosi.
Il nuovo provvedimento è assai complesso e riguarda, in primo luogo, la riforma e la riorganizzazione dell'agenzia dei beni confiscati, così da confermare e rendere efficace ed effettiva quella trasformazione della ricchezza mafiosa in ricchezza sociale, che viene considerata come uno degli strumenti più efficaci per rafforzare una cultura collettiva circa la convenienza' del contrasto alle organizzazioni criminali.
Esso ha tuttavia suscitato negli ultimi giorni un fervore critico proveniente da autorevolissime personalità, che si è concentrato in particolare sull'articolo 1. Tale articolo oggi, a legislazione vigente, prevede l'elenco di quei reati che vengono, per la loro gravità, considerati tali da legittimare l'applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali a chi fosse indiziato per uno di essi.
Ovviamente nell'elenco di cui parlo sono compresi gli indiziati per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso e terroristico, ma l'elenco prevede anche gli indiziati per associazione a delinquere (semplice) finalizzata alla contraffazione dei marchi, o segni distintivi, oppure all'introduzione e al commercio di prodotti contraffatti, i soggetti a cui sia stato applicato il Daspo, i partecipanti e riorganizzatori del partito fascista e, assai più semplicemente, coloro che commettono abitualmente reati che offendono o mettono in pericolo la tranquillità pubblica.
La Camera, nell'esaminare il testo, ha ritenuto che le misure di prevenzione personale e patrimoniale di cui parliamo siano applicate anche agli indiziati di reati contro la P.A. Il Senato ha modificato questa norma prevedendo l'applicazione solo a chi sia indiziato di quei reati, ma nell'ambito di una associazione a delinquere (anche non mafiosa).
È questa l'unica norma del testo che viene sottoposta a critiche. Allora faccio una osservazione, che riguarda una fenomenologia che le cronache giudiziarie ci consegnano sempre più frequentemente. Quella cioè di associazioni criminali - non necessariamente mafiose - che solitamente perdurano nel tempo, finalizzate all'accaparramento illecito di risorse pubbliche per il tramite di pubblici funzionari corrotti stabilmente e compiacenti, che addirittura percepiscono una periodica retribuzione' illecita per favorire i fini dell'associazione.
Accade inoltre che a queste associazioni partecipino imprenditori, funzionari pubblici, talora politici, quasi sempre faccendieri di ogni risma. Con il risultato di danneggiare l'imparzialità e il corretto funzionamento della P.A., di alterare la regolarità del mercato, di condurre al traffico illecito di pubbliche funzioni e alla sottrazione indebita di risorse pubbliche.
La domanda, a questo punto, non può che essere questa: questi fatti possono essere considerati così gravi da meritare che a chi ne risulti indiziato, e dunque in chiave di prevenzione, si applichino le relative misure anche patrimoniali, o no?
Questo è il punto su cui convenire o dissentire. Questo avrebbe meritato nei mesi scorsi una discussione che invece non c'è stata. Il testo della Camera viene approvato con 294 voti favorevoli su 390, 34 contrari e 62 astenuti; al Senato la norma modificata viene approvata con 152 favorevoli, 78 contrari e 4 astenuti. In commissione non vengono presentati emendamenti alla norma e analogo atteggiamento si registra in aula, dove  viene presentato un solo emendamento dal Movimento 5 Stelle. Peraltro il provvedimento, approvato in prima lettura nel novembre del 2015, arriva in aula al Senato nel giugno scorso, a distanza di un anno e otto mesi, senza che si apra nessun dibattito sul testo Camera o nella sua conferma da parte della commissione.
Dopo l'approvazione al Senato, ora il testo torna alla Camera. A Palazzo Madama è stato fatto un lavoro importante di ridefinizione delle norme che riguardano i reati di associazioni criminali rivolti contro la P.A., che non merita di essere disperso. Leggo dell'intenzione di introdurre possibili modifiche alla Camera, ipotesi che rientra naturalmente nella sovranità del Parlamento. Ma mi auguro che tutti tengano in debita considerazione la necessità di arrivare al più presto all'approvazione definitiva di una legge, frutto di un lungo lavoro di confronto nel Paese con migliaia di operatori e associazioni, che quotidianamente con il loro lavoro svolgono un ruolo importante nella lotta diffusa alla criminalità organizzata.
* Ministro dei Rapporti
con il Parlamento