Le ragioni per cui questa appare l’eventualità meno improbabile sono diverse. La prima è che, a quanto pare, il Centro-destra non ha alcuna volontà di restare unito, e di cercare in Parlamento i voti di cui ha bisogno, che sono molti di meno di quelli che occorrono ai Cinque Stelle. Se davvero avesse intenzione di restare unito, farebbe valere il fatto di essere risultato la coalizione con il maggior numero di voti (37.5% contro il 32.2% dei Cinque Stelle), e si presenterebbe con una delegazione unica al colloquio con il Presidente della Repubblica. Invece pare di no, andranno separati. Misteri della politica (almeno per me).
C’è anche un’altra ragione per cui un governo Di Maio-Salvini è meno improbabile di altre soluzioni. Ed è che l’unica alternativa numericamente possibile, ossia un governo Cinque Stelle-Partito democratico, pur essendo vagheggiata da molti (compresi Fraceschini e Orlando, secondo i rumors dei giorni scorsi), sarebbe profondamente divisivo per il Pd.
Se anche i nemici di Renzi dovessero avere la meglio, eventualità che nel clima restaurativo attuale non è da escludere, resterebbe, come freno, la necessità di evitare una sanguinosa spaccatura del Pd, un partito che tutto può permettersi tranne che di dividersi in un troncone governativo e uno di opposizione.
A giudicare dai programmi, si direbbe proprio di no. Flat tax e reddito di cittadinanza sono due ricette di politica economica opposte. La prima punta a rilanciare la crescita, puntando su ingenti sgravi fiscali sui produttori, prevalentemente insediati nel Centro-Nord. Il secondo punta ad attutire le conseguenze della mancata crescita, puntando su sussidi ai poveri, prevalentemente insediati nel Sud. A queste difficoltà si aggiunge la circostanza che quel che unisce Salvini e Di Maio, ovvero la ferma volontà di sfondare la barriera del 3%, non potrà che attirarci l’ostilità delle autorità europee e, presumibilmente, la diffidenza dei mercati. Per non parlare dell’ostacolo più prosaico: il nuovo governo dovrà trovare subito 12 di miliardi di euro per disinnescare l’aumento automatico dell’Iva, e forse altri 2-3 miliardi per non incorrere in una procedura di infrazione per deficit eccessivo.
Infine, un altro fattore paradossale che può, almeno all’inizio, favorire la nascita di un governo Cinque Stelle - Lega è il patriottismo anti-europeo. Proprio l’ostilità delle autorità europee a un esecutivo “populista” potrebbe essere un forte elemento di coesione di un governo esplicitamente schierato contro la “burocrazia di Bruxelles”. Un esito, questo, lungamente preparato da una stagione di demagogia anti-austerity che ha coinvolto quasi tutte le forze politiche, compreso il Pd renziano.
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