Rieti, Chalet giardino Alfredo: da quasi ottant’anni è l’edicola del Borgo

Luciano Inches
di Luigi Ricci
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Sabato 5 Agosto 2023, 00:10

RIETI - Entri nella storica edicola in piazza Cavour, ma sarebbe più appropriato dire al Borgo, che sta per tagliare il traguardo degli 80 anni, per fare una chiacchierata col titolare, Luciano Inches, e ti ritrovi a parlare di rugby, della Rieti del dopoguerra, della sua evoluzione e di tante storie.

Il rugby. Il giorno precedente andiamo di pomeriggio per sapere quando trovare Luciano e il figlio Alessandro rassicura: «Lo trovate dalle 4». «Di pomeriggio?». «No, no, della mattina».

Ma quando il giorno dopo andiamo lì alle 10, Luciano precisa: «Anche alle 3.45», dopo averlo trovato concentrato a leggere del match di rugby tra Italia e Irlanda: «Io ho giocato, seppur brevemente - spiega. - Era il 1965, avevo 18 anni, mediano di mischia, il leggendario professor Raoul Guidobaldi aveva reclutato vari giovani per creare la prima squadra locale. Ci allenavamo alla palestra di via San Liberatore e giocavamo a Villa Reatina al campo di calcio Vecchiarelli, dove ogni volta dovevamo montare i pali e segnare il campo». E qui parte un fiume di ricordi, da Sandro Vaccari, allenatore della storica promozione in serie A del 1981 - «per festeggiarla fui io a sparare i fuochi d’artificio al Fassini», ricorda Luciano - a tanti giocatori come Sandro Cornacchiola o Franco De Angelis, in arte “Stellino”, primo reatino convocato in nazionale giovanile, fino a scoprire che il primo straniero del rugby a Rieti veniva dall’Honduras.

Il fondatore. In onore del padre, l’insegna completa dell’edicola è: “Chalet giardino Alfredo”. «La inaugurò il 13 giugno 1946, giorno di Sant’Antonio - racconta il figlio. - Lo stesso in cui sposò mia madre Natalina Lilli. All’inizio era un chiosco costruito da un mastro ferraio del borgo: si vendevano quotidiani e c’era una mescita: alle 2 di notte si aspettava l’autobus da Ascoli Piceno. Col passare degli anni il chiosco si è ampliato: prima metà edicola e metà bar, poi solo vendita di giornali». Luciano racconta le peripezie del padre prima e durante la guerra, quando faceva il chierichetto per rimediare qualcosa da mangiare o quando sotto le armi, dopo che un ufficiale chiese se qualcuno sapesse battere a macchina, lui, pur non sapendolo fare, alzò la mano: «Così evitò di andare in Russia e venne messo al telegrafo. Un uomo ingegnoso: per anni abbiamo rilegato le dispense delle enciclopedie. Era nel collegio dei probiviri del Psi, ben voluto da tutte le persone in vista cittadine. Lui e mia madre hanno affrontato tanti sacrifici per crescere noi quattro fratelli». Ma questa è solo una minima parte di quanto ha raccontato Luciano: «Chiaramente nessuna nostalgia di quegli anni di sacrifici, che però sono stati un gran tirocinio per chi li ha vissuti come me, e che aiutano a superare le difficoltà odierne. Oggi gestire un’edicola, dopo l’evoluzione telematica, è sempre più arduo. Si lavora di più con figurine, gadget, gratta e vinci, ma pure questi ultimi sono in calo. Per fortuna, la nostra dislocazione ci è d’aiuto». E poi c’è sempre Luciano in prima linea, in gran forma, pronto a darvi un quotidiano di prima mattina.

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