Roma, infermiere dell'Umberto I abusa della tirocinante: chiusa in una stanza e costretta a subire rapporti sessuali

L'uomo, 55 anni, è stato condannato a 6 anni. La vittima ha 20 anni

Roma, infermiere dell'Umberto I abusa della tirocinante: chiusa in una stanza e costretta a subire rapporti sessuali
di Valeria Di Corrado
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Sabato 23 Dicembre 2023, 08:14 - Ultimo aggiornamento: 24 Dicembre, 12:07

Approfittando del ruolo di tutore, dei corridoi vuoti per via dell'ora tarda, della buona fede e della giovane età della sua tirocinante, un infermiere del Policlinico Umberto I aveva abusato di lei in una stanza del reparto di Urologia. Per questo motivo ieri, a distanza di poco più di un anno dai fatti, la quinta sezione penale del Tribunale di Roma ha condannato Giancarlo A. a 6 anni di reclusione per i reati di violenza sessuale e lesioni. Il 55enne ha usufruito dello sconto di un terzo della pena perché ha ottenuto di essere giudicato col rito abbreviato condizionato all'ascolto della vittima, che in aula ha confermato di non aver prestato alcun consenso al rapporto sessuale. Il pm aveva chiesto 5 anni e 8 mesi di carcere, ma i giudici - dopo un'ora di camera di consiglio - sono stati più severi e hanno disposto per l'imputato l'interdizione perpetua dalla funzione di tutore, l'interdizione dai pubblici uffici, la sospensione dalla professione di infermiere per 3 anni e una provvisionale di 10 mila euro da versare alla 21enne, in attesa che venga stabilito in sede civile il risarcimento complessivo del danno. Inoltre, il collegio ha sospeso la decorrenza dei termini della custodia cautelare per 60 giorni, fino al deposito delle motivazioni della sentenza. Questo significa che resterà ai domiciliari.

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I FATTI

La notte del 26 ottobre 2022, Maria Cristina (nome di fantasia) - aspirante infermiera - stava facendo il turno di guardia all'Umberto I, sotto la supervisione di Giancarlo A. (quasi il triplo dei suoi anni).

Mentre giravano per la corsia di Urologia, lui le ha detto che dovevano andare a prendere una flebo. Nei corridoi del reparto in quel momento non passava nessuno, considerato l'orario. L'uomo si è fermato davanti a una stanza buia e le ha indicato di entrare. Mentre la ragazza cercava, nella penombra, di individuare il paziente da medicare, ha sentito che lui chiedeva la porta a chiave alle sue spalle. Nemmeno il tempo di focalizzare ciò che stava accadendo e il tutor «la spingeva sul letto e afferrandola per i capelli - si legge nel capo di imputazione - la costringeva a subire un rapporto» sessuale.

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La vittima, allora 20enne, «è rimasta pietrificata, in preda a una siderazione psichica (o "freezing")», spiega il suo legale, l'avvocato Carla Corsetti, affiancata dalle colleghe Nausica Carlini e Giulia Guerrera. È un meccanismo di autodifesa messo in atto in alcuni casi dal cervello umano quando si è atterriti. «La mia cliente non ha reagito perché era paralizzata, non si aspettava di trovarsi in quella situazione - precisa la penalista - Ma tutte le volte che è stata sentita dagli investigatori, e in ultimo dai giudici, ha confermato con lucidità la sua versione, ribadendo che non aveva prestato alcun consenso». Subito dopo la violenza, la giovane ha scritto un messaggio a un altro tirocinante, che è subito accorso da lei e l'ha trovata in lacrime. I poliziotti hanno sequestrato le lenzuola e gli abiti dell'infermiere e della vittima, che hanno confermato la presenza dei loro liquidi seminali.
«I sex offender sono seriali. Non sappiamo se la mia cliente sia stata la prima vittima dell'imputato, ma vi chiedo di fare in modo - con la giusta sentenza - che sia l'ultima», ha concluso la sua arringa l'avvocato Corsetti.
 

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