Roma, accusato di aver fatto morire la ex di polmonite prova a pilotare un testimone (mentre è ai domiciliari): arrestato dopo l'udienza

L’uomo a processo per omicidio: non ha soccorso la compagna morta di polmonite

Lascia morire la compagna di polmonite e prova a pilotare un testimone (mentre è ai domiciliari): arrestato dopo l'udienza
di Giulio Pinco Caracciolo
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Martedì 6 Febbraio 2024, 00:38

Colpo di scena al processo che vede imputato per omicidio volontario il 43enne Fausto Chiantera, accusato di aver condotto alla morte la sua ex compagna - stroncata da una broncopolmonite massiva bilaterale il 18 gennaio 2022 – dopo un festino a base di droga organizzato tre giorni prima in occasione del compleanno della donna. Secondo quanto dichiarato in aula dal pm Antonio Verdi, l’imputato nelle scorse settimane si sarebbe messo in contatto con una testimone, circostanza denunciata dallo stesso teste. Per questa ragione ieri, davanti alla Corte di Assise, al termine dell’udienza, la polizia giudiziaria ha notificato a Chiantera un provvedimento che aggrava la misura cautelare degli arresti domiciliari sostituendola con la custodia cautelare in carcere. Una storia di vessazioni, maltrattamenti e umiliazioni perpetrate nel tempo quella che vede imputato il 43enne. 

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L’UDIENZA

Lui, sempre presente in aula, avrebbe intrappolato la compagna in un vortice di droga, abuso di psicofarmaci e controllo psicologico. «Nel giro di pochissimo tempo l’ho vista trasformarsi completamente – testimonia l’ex compagno della vittima – era irriconoscibile.

Non è più stata lucida dall’episodio del marzo 2020 quando abbiamo definitivamente interrotto il nostro rapporto durato oltre vent’anni». E proprio da qui si può partire per ricostruire gli ultimi anni di vita della donna. Una telefonata dalla figlia - all’epoca minorenne - scuote la tranquillità dell’ex compagno della vittima che in quel momento si trova in Francia per lavoro. «Mamma non si sveglia. Ho provato a scuoterla ma apre gli occhi e poi si rimette a dormire» dice la bambina al padre. Sono le 14 e la donna si trova a letto con un amico, Fausto Chiantera. La piccola ha fame e si trova in un forte stato di agitazione perché non è riuscita a chiudere occhio tutta la notte. «Mia figlia mi ha detto che aveva sentito rumori e musica provenire dal salotto fino alla mattina – testimonia l’uomo in aula tra le lacrime – così ho chiamato mia cognata che si è subito precipitata a recuperarla». Da quel momento in poi la bambina viene presa in carico dai nonni, dagli zii e dal padre. Così la vita della vittima inizierà un lento percorso verso la morte. «Tutti le volevamo molto bene ma eravamo anche molto arrabbiati, lei inizialmente non voleva farsi aiutare – continua l’uomo in aula – anche perché era in un perenne stato confusionale. Lenta nei movimenti e nelle risposte. Ha iniziato a lasciarsi andare sempre di più, era trasandata, maleodorante con la bava agli angoli della bocca». Eppure la donna non era mai stata così prima di quella torbida relazione con Chiantera. Laureata in lettere, piena di vita, con un lavoro stabile e circondata dall’affetto della famiglia. «Era una bella ragazza con una vita normalissima – continua l’ex compagno – amava la nostra bambina. Ma da quando è andata a convivere a casa dell’imputato tutto è cambiato. Mi diceva che in quella casa girava di tutto». Oltre alle droghe anche il Rivotril (benzodiazepine), uno psicofarmaco utilizzato per attenuare l’effetto degli stupefacenti prima di andare a dormire. Le prime concrete richieste di aiuto da parte della donna, arrivano il 28 maggio 2020. La vittima non ha più il cellulare e sembra essere ormai soggiogata alla volontà di Chiantera che la trascina in un vortice di soprusi. Alti e bassi. Lei si allontana ma poi ritorna da lui. Fino all’8 gennaio 2021, quando la donna invia alla famiglia una foto: ha un occhio nero, dice non poter andare a prendere la figlia a scuola perché è caduta dalle scale. Il 10 febbraio una seconda foto. Stavolta il volto è tumefatto dalle botte. Lei dice di amare Chiantera e che si è fatta promettere che non accadrà più. L’ex compagno è con lei quando decide di sporgere denuncia. Aveva ancora il sangue incrostato tra i capelli, mi ha detto che era stato Chiantera al termine di un litigio». 

LE FOTO

Poi pochi giorni prima di morire l’ultima chiamata al padre di sua figlia nella quale, con una voce insolitamente lucida, dice di volersi rimettere in sesto per la bambina. Morirà dopo un droga party organizzato dall’imputato che, si legge nel capo d’imputazione, non chiama i soccorsi e le fa «assumere cocaina e sostanze psicotrope e lasciandola in uno stato di incoscienza e di agonia per più giorni fino al decesso».

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