Il tumore neuroedocrino del pancreas che ha colpito il rapper Fedez è un tipo di tumore neuroendocrino (NET). Si tratta di una definizione che raggruppa un tipo di tumori raro che interessa circa 4-5 persone ogni 100mila, cioè circa 2700 casi all'anno. Questa patologia rappresenta solo il 5% di tumori colpiscono il pancreas, ma fortunatamente, rispetto agli altri ha un tasso di mortalità decisamente più basso.
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Tasso di sopravvivenza: il 60% dei pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi
Mentre il tumore al pancreas è considerato tra le neoplasie più aggressive, con tassi di sopravvivenza che non superano l'8% a 5 anni dalla diagnosi, il tumore neuroendocrino al pancreas che ha colpito Fedez ha tassi di sopravvivenza che superano anche il 60% a 5 anni dalla diagnosi. La sopravvivenza dipende soprattutto dal tipo di tumore presente nel singolo malato e dallo stadio della neoplasia al momento della diagnosi, se è in fase iniziale o avanzata.
Purtroppo, i tumori neuroendocrini sono spesso asintomatici per lungo periodo e ciò rende difficile una diagnosi precoce: il 60% dei pazienti scopre la malattia in ritardo, solo quando la massa tumorale ha già raggiunto dimensioni significative o compromette la funzionalità di specifici organi.
La prognosi è variabile.
Convivere con la malattia: problemi alla qualità del sonno e all'intimità di coppia
Un’indagine ha approfondito il vissuto dei pazienti affetti da tumori qualità del sonno e intimità di coppia sono gli aspetti più colpiti dalla patologia. Per circa un terzo l’impatto sulla professione è significativo e 4 su 10 sono stati costretti a lasciare il lavoro (per il malessere fisico o psicologico e per il tempo richiesto dalle terapie).
“Le manifestazioni cliniche della sindrome da carcinoide (in particolare diarrea e problemi cardiaci) rappresentano l’aspetto più grave della malattia, con implicazioni di tipo prognostico – afferma il dott. Carnaghi Responsabile Unità di Oncologia Ospedale Provinciale di Bolzano – Trattamenti farmacologici permettono una netta riduzione dei sintomi nell’80% dei casi. Non solo. Nella maggioranza dei pazienti, questi trattamenti consentono di rallentare l’evoluzione della malattia in modo significativo”.